Le balle di Elkann-Tavares

Lega, assalto a Stellantis: "Indagine sui fondi pubblici agli Agnelli"

Benedetta Vitetta

«Non abbandoniamo l’Italia, ma qui i costi sono troppo elevati». Potrebbe essere questo uno dei passaggi del discorso fatto, nelle scorse ore, in audizione al Parlamento dal numero uno di Stellantis, il portoghese Carlos Tavares, che ha fatto letteralmente infuriare il vicepremier nonchè ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Matteo Salvini, e con lui tutti i parlamentari della Lega. Una dichiarazione interpretata da molti come una sorta di disimpegno e persino come una possibile uscita dal Belpaese.

Ma Tavares è andato oltre il costo del lavoro italiani e, nonostante sappia bene quanto sia calata nell’ultimo anno la produzione di Stellantis lungo lo Stivale (-35%) e quanti operai nell’ultimo decennio hanno perso il posto di lavoro (parliamo di 14mila persone, ndr) e quanti al momento sono quelli che si trovano in cassa integrazione, ha persino chiesto un ennesimo, ulteriore, aiuto - forse sarebbe più giusto parlare di ricatto - al governo: «Un’auto elettrica costa il 40% in più, i clienti la vogliono allo stesso prezzo delle tradizionali» ha spiegato nel suo discorso davanti alle commissioni Attività produttive di Camera e Senato, «ma abbiamo visto che quando mancano gli incentivi, come in Germania e in Italia, le vendite crollano. Gli incentivi servono».

È questa, in estrema sintesi, l’analisi fatta dall’amministratore delegato del colosso dell’automotive degli Elkann. E tutto questo è accaduto nonostante i 950 milioni di incentivi pubblici all’acquisto di auto elettriche. A questo punto ieri la Lega ha lanciato “l’operazione-verità su Stellantis”.

 

 

 

Il partito di Matteo Salvini si è detto pronto a ogni iniziativa parlamentare - a partire da una serie di interrogazioni- per chiedere “quanto denaro pubblico ha incassato il colosso francoitaliano dell’automotive negli anni, come l’ha utilizzato, quanti lavoratori italiani sono stati licenziati o messi in cassa integrazione e quanti stabilimenti sono stati aperti all’estero, spalancando quindi un nuovo fronte di dibattito sugli investimenti del colosso automobilistico” ha fatto sapere la Lega che esprime solidarietà ai lavoratori dell’automotive e in particolare a tutti quelli che fanno parte del gruppo Stellantis.

«Faremo sentire la loro voce in tutte le sedi per sapere quanti miliardi di euro di tasse e sacrifici degli italiani hanno incassato negli anni questi signori. Infatti loro si sono trasferiti all’estero, distribuendosi stipendi e dividendi milionari, mentre agli operai hanno lasciato la cassa integrazione e allo Stato i problemi» ha precisato ieri il partito di Salvini.

Ad intervenire sul delicato dossier è stato anche il senatore del Carrocccio, Giorgio Maria Bergesio, vicepresidente della commissione Attività produttive a palazzo Madama. «L’audizione di Tavares in Parlamento ha consegnato un quadro preoccupante per quello che è sempre stato uno storico marchio italiano» ha affermato, «ma soprattutto una realtà industriale fondamentale per migliaia di lavoratori che nel corso degli anni ha ottenuto oltre 220 miliardi di euro tra casse integrazioni, prepensionamenti, rottamazioni e sovvenzioni pubbliche di varia natura».

 

 

 

Ma a chiamare in causa direttamente il numero uno di gruppo automobilistico mondiale è stato proprio il segretario Salvini: «Il settore dell’automotive è in crisi anche per colpa sua. Tavares, infatti, dovrebbe vergognarsi e chieder scusa visto che oggi non è più nelle condizioni di chieder niente per come hanno mal gestito e male amministrato una storica azienda italiana. L’ad insieme all’intera dirigenza di Stellantis, dovrebbero chiedere scusa agli operai, agli ingegneri, ai tecnici, agli italiani e alla storia dell’auto italiana». E sulla questione è intervenuta anche Confindustria secondi cui la richiesta di nuovi incentivi da parte dei vertici di Stellantis è «una vera pazzia». A dirlo è stato il presidente della Confederazione generale dell’industria italiana, Emanuele Orsini, poche ore dopo l’audizione dell’amministratore delegato del colosso francoitaliano davanti alle Commissioni di Camera e Senato. «Noi abbiamo bisogno di piani industriali seri, imprese che siano serie sul territorio e restino, ovviamente, a costruire i propri prodotti nel nostro paese» ha poi precisato il capo degli industriali. E venerdì è già tutto pronto per lo sciopero generale nazionale di tuti i settori pubblici e privati, automotive inclusa.