Komunista

Marco Rizzo fulmina Schlein e Pd: "Non dovete rompermi i cog***"

Giovanni Sallusti

Quella che segue è un’ode libertaria a Marco Rizzo, il kompagno più ortodosso che ci sia, e se vi sembrerà un ossimoro è perché viviamo in tempi ossimorici. Tempi arcobaleno, fluidi, macroniani (non relegate l’inaugurazione ultra-Lgbt delle Olimpiadi all’oblio del folklore, è stato puro spirito del tempo distillato) in cui il massimo della dissidenza viene espresso da questo nostalgico ambivalente, un po’ sovietico un po’ sabaudo, comunque intento a rovesciare il tavolo dell’aperitivo permanente dove si ritrovala gauche al tofu, evoluzione bio-sostenibile della gauche caviar.

Sono anni, che Rizzo fa il controcanto alla litania woke, che contesta il passaggio indebito dall’egemonia di Gramsci all’egomania dei Luxuria, degli Zan, delle Cirinnà: i desideri e fin i capricci dell’Io volti in (pseudo)diritti, mentre quelli esseri volgari e sudaticci (che peraltro raggruppano ancora una quota considerevole di eterosessuali), dicesi operai, si alternano alla catena di montaggio e passano armi, bagagli e urna elettorale nel campo conservatore.

 

OVAZIONE

Ieri però, come documenta un video immediatamente virale sui social, il compagno Rizzo si è lasciato andare all’urlo eversore per definizione, alla rivendicazione più estrema e temeraria, a un atto di rivolta dadaista, ben più che politico. Guardando a Courbet prima ancora che a Marx, all’origine del mondo più che al plusvalore, ecco l’urlo di battaglia, in crescendo vocale da consumato oratore: «Mi piace la gnocca! Posso dirlo?! E non mi dovete rompere le palle!».

Applausi, ovazione, «baccano indiavolato di tutti gli spiriti liberi», avrebbe detto Nietzsche. Qualcuno rompe il tabù supremo, si propone come maschio bianco (un ex pugile perdipiù, ormai Rizzo pare un personaggio di Clint Eastwood ben più che un nipotino di Lenin) che dichiara di apprezzare sessualmente la donna, proprio la donna nella sua carnalità più precipua, non uno dei 56 generi che prevede oggi la community di Facebook, questo Soviet contemporaneo rispetto a cui lui è chiaramente un deviazionista incallito.

Anche perché non si limita alla frase-manifesto (che contiene già tutto e di più, lo sbotto che ci serviva), ma decostruisce l’autoritarismo soft e petaloso. «Quello che è insopportabile è che dei gusti sessuali di una minoranza debbano costituire una sorta di obbligo per una maggioranza». Proprio così, compagno Rizzo, hai stanato il nucleo dell’ideologia politicamente corretta, l’ipersuscettibilità delle minoranze che si erge a canone perla maggioranza.

 

MODELLO IMPOSTO

Chiusura col botto, che colloca il nostro (certamente non è più “vostro”, cari ayatollah del progressismo censorio) tra Tom Wolfe e Donald Trump: «Non dovete imporci un modello. Oggi non c’è una pubblicità, un film, dove non ci siano un gay, un nero...». Tutti, basta che non siano il vero “forgotten man” di oggi, l’uomo bianco a cui piace quella cosa che piace a Marco Rizzo. Sono tempi talmente ossimorici, che forse finiremo in clandestinità con lui.