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Repubblica, il primo editoriale di Mario Orfeo: cosa ha scritto su Meloni (e sulla sinistra)

Cambio di direzione, ma non di linea. Il primo editoriale di Mario Orfeo alla guida di Repubblica non è poi tanto diverso da quelli dei suoi predecessori. Nel mirino, ancora una volta, la destra sovranista. Dopo una lunga parentesi di ringraziamenti, il neo direttore del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari se la prende con i tempi che corrono, quelli fatti di "populismi e sovranismi, di spinte nazionaliste in Europa e di eccessi da trumpismo in America". Ma anche "di rigurgiti e nostalgie in Italia per stagioni tragiche che pensavamo non tornassero più".

Insomma, gli stessi tanto "denunciati" dal predecessore Maurizio Molinari. E così, nell'editoriale di martedì 8 ottobre, Orfeo sembra puntare il dito contro la nuova classe dirigente arrivando a parlare di "poteri pubblici che non hanno mai abbandonato la tentazione di fissare limiti a questi spazi". Quanto basta per far credere al nuovo direttore che si tratta di "un grave peccato d’ingenuità dare per scontato il rispetto del diritto alla libertà di espressione e di informazione".

E allora, in questo clima, dove si posizionerà la "nuova" Repubblica di Orfeo? Semplice, nel cosiddetto "campo aperto". D'altronde lui stesso ammette che il campo "largo" ultimamente non porta proprio bene. Quello del quotidiano da lui diretto sarà dunque un campo "progressista, lontano e opposto a chi alza nuovi muri e disegna confini più angusti. Aperto al confronto scevri da pregiudizi e se necessario anche al conflitto dialettico senza però arretrare dall’osservanza fedele a quei principi di giustizia sociale, di difesa dell’ambiente, di lotta a ogni genere e forma di discriminazione che hanno sempre caratterizzato il nostro giornale".

 

 

E in nome di questo campo aperto, ecco un'altrettanta critica conclusione nei confronti del governo Meloni: "In questi due anni, scanditi dalla retorica dell’underdog e da rimandi a un modello di thatcherismo mai pervenuto, quello che si è visto può essere riassunto per difetto: il no al salario minimo per i lavoratori, i tagli alla sanità pubblica, la riforma del premierato che mette in discussione perfino le prerogative del capo dello Stato, l’autonomia differenziata che allontana il Sud dal Nord, il piano sicurezza che vuole cancellare il dissenso, le scelte di politica industriale contrarie a quelle utili a fronteggiare una seria crisi economica". Finita qui? Niente affatto visto che l'elenco di Orfeo è lungo: "L’ossessione dell’egemonia culturale inseguita con i divieti e accompagnata da una occupazione del potere senza selezione che ha causato numerosi e imbarazzanti incidenti di un percorso già accidentato". Eppure per Repubblica il vero segnale distintivo di questa destra è e rimane "il risentimento".