L'omicidio del generale

Rita Dalla Chiesa, la replica del figlio di Andreotti: "La tentazione mi è venuta"

"La tentazione di parlare con Rita Dalla Chiesa mi è venuta. Proprio sabato ho chiesto a una persona che la conosce se non fosse il caso di parlare di suo padre e di mio padre. Ma se non succede, non mi strappo i capelli". Non nasconde il misto di rabbia e amarezza, Stefano Andreotti, terzo dei quattro figli dell'ex presidente del Consiglio e senatore a vita Giulio Andreotti.

Intervistato dal Corriere della Sera commenta così le allusioni alla responsabilità del padre, storico leader della Democrazia Cristina, per l'omicidio generale Carlo Alberto Dalla Chiesa fatte durante un'intervista televisiva alla figlia a Tango, il talk di Rai 2 condotto da Luisella Costamagna.

"Fu un omicidio politico - scandisce in tv l'ex conduttrice di Forum, oggi deputata di Forza Italia -, c'è una famiglia di questo politico e io evito di parlarne. Comunque era una persona che quando mio padre è andato a Palermo gli aveva detto 'Stia attento a non mettersi contro la mia corrente perché chi lo ha fatto è sempre tornato praticamente in una bara'". "Ma se io dico Andreotti tu cosa dici?", la incalza la Costamagna, con la Dalla Chiesa che rimane in silenzio, quasi annuendo con il capo. In quel momento si scatena il pandemonio, con Angelo Bonelli di Avs che chiede di convocare la Dalla Chiesa in Commissione antimafia.

 

 

 

"In passato abbiamo provato, io e la mia famiglia, tanta rabbia - aggiunge il figlio di Andreotti - oggi prevale l'indifferenza. Gli attacchi sono qualcosa di periodico e ci abbiamo fatto una certa abitudine. Mi addolora un po' che nonostante i risultati dei processi e le ricerche storiche, si venga rischiacciati sulla cronaca spicciola. Mi pare che la storia stia superando la demonizzazione di un'intera classe politica registrata negli ultimi anni del Novecento. Poi, però, ci troviamo di fronte a certe belle uscite di fronte alle quali si è indifesi".

Stefano Andreotti ricorda che "certe prese di posizione della famiglia Dalla Chiesa risalgono agli anni '80, con mio padre ancora in vita. Sono portato a giustificare la l'amarezza di chi ha avuto dolori così terribili. Ma sono passati i decenni, ci sono stati processi che hanno reso giustizia a mio padre. Eppure si tende a darne un'immagine avulsa dalla verità storica. Tra l'altro, non fare il nome sottintendendolo mi pare, a dir poco, una presa in giro".

 

 

 

I rapporti tra i due "erano ottimi, di rispetto e stima. Fu mio padre a dire a Francesco Cossiga nel 1979 di non smantellare il nucleo creato dal generale" per sconfiggere le Brigate rosse "e le lettere tra lui e Dalla Chiesa lo confermano". Alla famiglia Dalla Chiesa, conclude il figlio di Andreotti, "umanamente non dico nulla, per rispetto. Ma se si fosse più obiettivi, si finirebbe di tirare mio padre per i capelli. Mio padre non avrebbe mai chiesto di ammazzare qualcuno. Chi lo dice non l'ha mai conosciuto. E' un'offesa alla sua memoria. Nelle lettere da aprire post mortem giura davanti a Dio di non avere mai avuto a che fare con la mafia, con l'omicidio Pecorelli, con quello di Dalla Chiesa. Si cerca di diffamare mio padre e ci sarebbero gli estremi per reagire per via giudiziaria. Ma il suo insegnamento è stato quello di lasciar perdere. Noi lo rispetteremo".