Genio e fragilità del fotografo
Oliviero Toscani, il suo obiettivo vola sopra le polemiche
Corro il rischio. Il rischio che questo pezzo non piaccia ad alcuni lettori, ma non è un caso che questo giornale si chiami Libero, da quando Vittorio Feltri ebbe l’intuizione di dargli questo bellissimo nome. Scrivo su Libero perché sono libero, soprattutto di andare controcorrente, sempre una sensazione irresistibile.
Qualche giorno fa, prima che uscissero diversi pezzi con relative immagini sulle sue pessime condizioni di salute, sono andato a trovare Oliviero Toscani. Da mesi rimandavo questo appuntamento, per mia naturale ritrosia e pudore nei confronti delle persone ammalate, pur informandomi sul suo stato da alcuni amici comuni. L’uomo di poco più di un anno fa si sta smaterializzando, la figura gigantesca e imperiosa si è asciugata, di Toscani resta soprattutto la voce, comunque indebolita, le battute, le frasi, lo spirito corrosivo, a tratti lo sguardo.
C’è ancora tanta tanta mente in un residuo di corpo, e forse suona come un ulteriore condanna per uno che, a detta sua, ne ha fatte di tutti i colori e altre ne avrebbe fatte. Penso sia molto complicato parlare di una persona che ancora c’è evitando l’effetto coccodrillo. E non sono d’accordo con chi ha parlato di tendenza del pre-annuncio di morte. Toscani lo ha detto, ho vissuto come un leone, anche Michela Murgia lasciò questa terra con orgoglio, non risparmiandosi alcuna polemica fino all’ultimo. La scrittrice la conobbi alcuni anni fa e non ho mai evitato lo scontro, con Toscani invece c’è stata una frequentazione lunga seppur non costante, dai microfoni di Radio Radicale moderati da Nicolas Ballario, il migliore tra i suoi discepoli, oppure ai tempi dell’assurdo consesso di Salemi, quando Vittorio Sgarbi sindaco nominò lui assessore e me metassessore (in sostanza, non c’era un euro).
Toscani detestava i motorini nel centro storico della cittadina siciliana, a Vittorio non fregava nulla ma per far contento l’amico si inventò un’ordinanza comunale: quando Toscani è in città niente motorini, quando va via fate come volete. Questo episodio, che Toscani neppure ricordava, testimonia la sua tendenza a brontolare, a prendersela con chi gli capita a tiro, a praticare il genere paraletterario dell’invettiva. Che non ha risparmiato quasi nessuno e io con Oliviero non sono stato mai d’accordo, sulla politica e sul calcio in particolare perché tra l’altro è pure interista. Basta per non stimarlo?
FIGURA DECISIVA
Per non riconoscergli appieno ciò che è stato ed è ancora, l’uomo che ha cambiato la storia della fotografia e della pubblicità in Italia e forse nel mondo? Io che da circa quarant’anni vago nel mondo dell’arte, quante volte posso dire di aver incontrato una figura “decisiva”? Due, forse tre, una di queste è Oliviero Toscani. Arrivo allora al paradosso che mi muove a scrivere questo pezzo che, ripeto, non è un coccodrillo anticipato né vuole esserlo. Sono convinto che a persone dalle qualità straordinarie si debba perdonare tutto, anzi non si deve perdonare nulla perché all’umano non è data tale facoltà divina. Gli si può concedere tutto, la battuta fuori luogo, la caduta di stile, l’insulto, anche la peggiore delle scemenze e sì che ne ha dette e tante non mi sono piaciute anche quando mi dà del fascio sorridendo sotto barba e baffi. Semplicemente perché gioca in un campionato diverso dal mio, dal nostro, questa differenza devi accettarla, non siamo tutti uguali, meno male.
Le sue campagne pubblicitarie, soprattutto quelle per Benetton, hanno alzato l’asticella là dove nessuno era mai arrivato. I suoi ritratti (e io non ne ho uno, con sommo dispiacere) entrano dentro i volti e le anime. Non c’è stato aspetto della vita sociale del tardo ‘900 che Oliviero non abbia intercettato e svelato. Lui è un fotografo e ci tiene a dirlo, non un artista, laddove chiunque prende in mano uno smartphone si considera un creativo a prescindere. Quando parli di lui con altri amici, per esempio con Toni Thorimbert che ha fotografato le donne più belle del mondo, siamo tutti d’accordo: nella fotografia esiste il toscanismo (come nel giornalismo esiste il feltrismo), ovvero il cambiamento epocale del linguaggio. Come lui ne nascono un paio ogni quarto di secolo.
E allora puoi pretendere che un soggetto come lui stia alle regole, rientri nei limiti, accetti i paletti? Impossibile. Toscani, massì, può dire ciò che vuole, è imprevedibile, talvolta ingestibile, comunque sorprendente. Meglio non affrontare temi politici con lui, la sua opinione si regge quasi sempre sul paradosso, adotta un registro sopra le righe non proprio da persona diplomatica: in genere detesta tutti i politici e il suo riferimento resta ancora Marco Pannella con cui ebbe un rapporto di intensa amicizia. E che tutti abbiamo rispettato e molti amato.
Tra le sue vittime preferite i creativi, i direttori artistici, le agenzie: letteralmente massacrati dalle sue dichiarazioni, ritiene siano gli assassini di qualsiasi aspirazione artistica, convinto che il genio debba fare da sé nella piena libertà di azione ed espressione. Proprio questo desiderio di libertà rende Oliviero Toscani uno dei maestri nella cultura del nostro paese, anche se non tutti saranno d’accordo per motivi ideologici, però io scrivo su Libero e dunque lo posso dire senza paura di essere censurato: quando non ci sarà più penserò con orgoglio all’occasione bellissima di averlo conosciuto.