Retroscena
Mattia Santori, la metamorfosi del dem: da Sardina a milite innocuo
I consigli comunali di una Bologna invasa dall’afa e dell’eterna lotta di classe non sono consigli comunali come tutti gli altri. I consigli comunali della Bologna di fine luglio sono squarci di un’umanità perduta. Talmente perduta che perdutissimo appare pure il consigliere più rappresentativo, il mitologico Santori Mattia, classe ’87, ex Sardina appena riaffiorata dalla sua salamoia politica, così senza un perché. Santori si è ripresentato alla stampa. Solito sorrisone e sguardo da giardino dei semplici, ma nuovi capelli, biondi, senza cerchietto a trattenere i ricci e i pensieri, corti e tinti di giallo «in onore del Tour de France», direi abusati da un barbiere impazzito, peraltro perfettamente in pendant con le fresche dichiarazioni del nostro: «Mi faccio le canne da quando avevo 18 anni». Le canne.
Ecco. Il nostro viaggio stendhaliano nel meraviglioso mondo di Mattia, il «delegato del sindaco alle Politiche Giovanili» inizia da qui. Dall’odore dell’erba. Che non è esattamente quella trebbiata di fresco. Immaginate la scena. Sotto Palazzo d’Accursio, sede del Municipio, brulica un’umanità affannosa di turisti in bermuda, di vigili sudati, di artisti di strada che strimpellano Patti Smith sotto l’esausta statua del Nettuno. Da Piazza Grande sale l’eco del prossimo concerto, e s’arrampica fino alle finestre da cui sventola una bandiera palestinese. Dentro Palazzo D’Accursio, tra soffitti e mozioni affrescate, ecco lo sparuto drappello di consiglieri comunali che si abbandona al question time. Si discute delle solite cose. La cantierizzazione della città causa tram (la nuova linea rossa in costruzione trafigge viale Indipendenza come un dardo nel cuore).
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L’allarme nelle carceri della Dozza. I “taxi che non si trovano e la mancanza di dialogo”. E l’aeroporto che non si sa se «fa l’interesse della città o delle compagnie low cost’», come denuncia Detjon Begai, consigliere comunale per il Gruppo Coalizione civica per Bologna. Begai, peraltro, è un tosto barbuto di origine albanese che pare uscito da una poesia di Pasolini; nel tempo libero fa l’anarchico e si tuffa negli scontri contro i poliziotti durante le occupazioni abusive. I consiglieri in presenza latitano. 17 su 37. In compenso sfilano timidamente in remoto per contestare e seguire il dibattito. È soltanto al 21° minuto del dibattito che si palesa il consigliere Santori. Per rispondere «presente!» tra la consigliera Quercioli e il consigliere Sassone all’appello della Presidente Manuela Zuntini. Poi Mattia si lascia ingoiare dall’oblio. Percependo, naturalmente, il gettone di presenza.
Santori è, in effetti, un presenzialista silente: se ne avverte l’essenza, ma il suo peso politico resta saldamente ectoplasmatico. «Santori è sicuramente presente in Consiglio, ma ha l’aria di chi passa di lì per caso. Lo si vede a parlare di cannabis e di palestinesi, commenta dati turisti e eventi sportivi non suoi. Si è perfettamente ambientato nello scenario della giunta Lepore incaprettata alla sinistra più radicale. Ed è certo che se c’era qualcosa (non si sa bene cosa) della Sardina di un tempo, be’, quel qualcosa è scomparso da mo’». A parlare è Francesco Sassone segretario locale di FdI, oppositore mai domo a una giunta sinistrissima che mette lo Ius soli nello statuto comunale (pur senza alcuna operatività giuridica); fissa l’obbligo dei 30 all’ora in ogni angolo d’asfalto; strattona i Pro-life in pubblica manifestazione; e sostiene i centri sociali come il Collettivo Plat «che prima occupano abusivamente gli stabili comunali e, da dentro, si mettono in graduatoria pubblica, fottendosene delle 6000 famiglie in attesa che ne avrebbero diritto».
Ecco, Santori, di tutta questa costruzione ideologica, fa parte delle mura. Ma non è un caso che, nonostante il ragazzo sia stato eletto sull’onda del suo movimento ittico con 2596 preferenze - il più votato del Pd -, l’astuto sindaco Matteo Lepore abbia affidato l’assessorato ai lavori pubblici e il gruppo consiliare del partito a Simone Borsari e Michele Campaniello, diretti concorrenti di Santori, e un tantino più affidabili. Lepore ha assegnato a Santori la semplice «delega al turismo con il coordinamento della Destinazione Turistica Metropolitana, politiche giovanili, scambi internazionali e grandi eventi sportivi»; che, di fatto, significa non tanto inaugurare impianti e sagre, ma commentare i tagli dei nastri. Compito che, onestamente, Santori, da laureato in Economia e Diritto con tesi su Il fantasma del Tav spaventa le grandi opere italiane, be’ svolge con diligenza.
Infatti lo vedi materializzarsi ora all’inaugurazione di Rocchetta Mattei, ora alla partenza “Ciclovia degli dei”, ora a commentare Coppa Davis e il Tour de France (scalpo giallo compreso). Certo, nell’impeto del neofita, ogni tanto qualche cazzatella gli scappa. Forse più di ogni tanto. Per esempio, Santori, nel denunciare e riprendere il traffico in tilt durante una partita di calcio, è stato beccato a viaggiare in scooter contromano. Oppure, in pieno conflitto ucraino s’è incaponito sulla condanna pubblica dell’omicidio di due oche ad opera di un cane, divenendo bersaglio di sfottò trasversali (il più bello quello di Osho, “questa cosa finirà davanti al tribunale dell’AIA!”). Santori è riuscito anche a farsi massacrare per avere proposto come punto del suo programma politico la costruzione del “nuovo stadio”. Non lo stadio di calcio.
Lo stadio di frisbee. Forse perché lui è «insegnante di frisbee come strumento educativo», come messo in curriculum. Oppure, sempre sulla scia della canna libera, Santori prima ha insistito sulla «marijuana me la coltivo io a casa», grazie ai semini importati da Amsterdam dalla sorella; e poi ha paragonato la pericolosità della cannabis a quella del pesto alla genovese, facendo democraticamente incazzare sia i genitori preoccupati dal messaggio devastante del loro addetto alle politiche giovanili, sia i produttori di pesto alla genovese.
«Tutto è concesso. Chiunque altro sarebbe stato fuori dal Consiglio. Invece, Santori continua a pubblicizzare la cannabis che produce, a presenziare eventi sportivi che non presenta, a commentare dati turistici che non gli pertengono. Per me lo fa per provocazione, tutto questo è sconvolgente», aggiunge Giulio Venturi, nipote di Marco Biagi collega consigliere comunale in quota Lega. Della stessa opinione, con tanto di richiesta – disattesa- al sindaco di «prendere le distanze» è l’uomo forte dei meloniani a Bologna, il viceministro alle Infrastrutture Galeazzo Bignami.
Dallo stesso centrosinistra, però, fanno notare che le mirabilie di San tori non passano più inosservate. «Molti sono irritati. Sono sempre più i contrasti interni al Pd contro Santori» dicono gli insider piddini «Filippo Diaco capo delle Acli o Isabella Conti della lista Anche tu Conti candidata in Regione ex sindaco di San Lazzaro non sono fan di San tori né soprattutto della deriva di sinistra estrema che sta prendendo l’amministrazione.
I Verdi ambientalisti, ad esempio, sono inferociti per l’abbattimento degli alberi del parco Don Bosco, la conseguenza delle migliorie del Pnrr agli edifici scolastici». Santori, in quanto Pd è stato più volte contestato dall’ala dei duri e puri che un tempo frequentava. Oggi ha un reddito imponibile di 30mila euro l’anno; un’immagine fragile che s’adatta all’ambiente; e una faccia che allontana il pensiero di aver tradito l’ideale rivoluzionario sardinesco per un piatto di lenticchie. Mattia, il milite innocuo...