Veleni sul Pontefice

Papa Francesco, per la sinistra è rimbambito: la tesi non regge

Caterina Maniaci

Papa Francesco incontra una rappresentanza di sacerdoti romani, durante uno dei vari incontri a porte chiuse, che però tanto chiuse non sono perché rapidamente escono resoconti, ricostruzioni e via dicendo. Così a pochi giorni dal polverone mediatico che lo ha travolto per la ormai celebre frase del tutto scorretta, ecco che il Papa torna a parlare dell’omosessualità all’interno della Chiesa e, ancora una volta, sembra essere incappato in quella stessa frase. In questa occasione, però, l’analisi – compresa la frase incriminata – si è allargata all’interno della Santa Sede: "In Vaticano c’è aria di frociaggine", avrebbe detto Francesco. Sempre secondo fonti presenti all’incontro di due giorni fa, Bergoglio avrebbe espresso un giudizio netto: se un ragazzo ha tendenze gay, è meglio non farlo entrare in seminario. Definendo gli omosessuali che desiderano diventare preti "ragazzi buoni" ma con questa tendenza... meglio che lascino perdere. Tutto da confermare, naturalmente.

La sala stampa vaticana, di nuovo alle prese con un 'caso' che mette in imbarazzo, cerca di smussare e fa sapere che, tra i vari argomenti, il Papa "ha parlato del pericolo delle ideologie nella Chiesa ed è tornato sul tema dell’ammissione nei seminari di persone con tendenze omosessuali". La campagna mediatica infurierà di nuovo, considerate le polemiche già divampate e il politically correct completamente travolto, con buona pace delle relative scuse pubbliche presto approntate. Ora ci si chiede se il Papa abbia 'sbagliato' di nuovo o l’abbia fatto di proposito; se, come già si sostiene da più parti, si tratti di un campanello d’allarme sulla sua vacillante capacità di intendere e di volere, sui freni inibitori ormai allentati. In Vaticano regna una certa confusione, accresciuta dopo l’ultimo episodio. Ma, secondo alcuni prelati, sarebbe troppo semplicistico e irrealistico pensare che il Papa sia solo vittima di brutti scherzi giocati dall’età. Al di là dello scivolone gergale dall’enorme clamore, perché poi questa scarsa capacità di controllo si manifesterebbe solo in certe occasioni e con certi argomenti 'sensibili'?

 

Su Avvenire, quotidiano della Cei, un recente articolo spiega che "la posizione della Chiesa non è cambiata rispetto a questo tema. Si può citare a tal proposito un’istruzione del dicastero vaticano per il Clero del 2005, nel pontificato di Benedetto XVI. In quel documento c’era scritto che 'la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al seminario e agli ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay'. L’istruzione è stata confermata nel 2016 con papa Francesco". Niente di nuovo, dunque, e in linea con i precedenti pontificati. Semplicemente papa Francesco ha dimostrato un approccio pastorale più aperto, allo stesso tempo, però, ha denunciato con chiarezza più volte l’azione delle "lobby gay", già stigmatizzata, come già sottolineato, da Benedetto XVI. Il 28 luglio 2013 Bergoglio dichiara infatti: "Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Il problema è fare lobby di questa tendenza". La tesi della poca lucidità del Pontefice, o della sua scarsa conoscenza del gergo ital-romanesco, insomma, convince poco. Esiste una questione che si deve affrontare, dunque, secondo il Papa, e si deve affrontare fino in fondo.