Censurato immaginario

Roberto Saviano, dai boss fino al sesso: un flop dietro l'altro

Ginevra Leganza

C’è chi sale sul carro del vincitore (TeleMeloni) e chi su quello del censurato, ancor più vincente perché arriva primo al traguardo del profittevole martirio. La vicenda del Saviano censurato giganteggia così tra lazzi, codazzi, e mai s’era vista una letteratura più buffa di Pino Insegno... Ed eccoli, dunque, i novellisti italiani. Uno a uno - come una pleiade di eretici eccoli tutti in fila e tutti primi al traguardo del martirio. Perché dopo l’alzata d’ingegno del fu bestsellerista Roberto - del Saviano che più non vende ma ben si ricicla olocausto: ieri della mala, oggi della Meloni – lesto-lesto accorre il codazzo. Il Me Too di scrittrici e scrittori italiani che uno a uno, come birilli, a Francoforte dicono tutti no. All’incirca come quando, dopo il monologo di Antonio Scurati mai andato in onda sulla Rai, si svegliarono e gridarono alla censura prima Nadia Terranova (una donna chiamata “premio”) e poi Jennifer Guerra (femminista e vate del ciclo mestruale).

Ma adesso. Chiunque nel proprio piccolo prediliga il reale al virale (e cioè l’indagine giornalistica all’Insta-Saviano), chi insomma alla veneranda barba dello scrittore, racconciata nei j’accuse instagrammiani, guardi con soggezione ma pure con vago sospetto, già saprà di come l’autore di Gomorra non sia stato invitato alla Buchmesse di Francoforte per un motivo financo banale. Giacché le due Case editrici che lo pubblicano oggi, in Italia, e cioè Bompiani e Solferino, non l’hanno considerato. Semplicemente: se lo sono dimenticato. La seconda addirittura - che con la collana Fuoriscena pubblicava ad aprile Noi due ci apparteniamo. Sesso, amore, violenza, tradimento nella vita dei boss (un flop sul kamasutra dei camorristi) – neppure sarebbe affiliata all’Associazione italiana editori che raccoglie input dalle Case editrici e liste degli invitati.

 

E allora rieccolo Saviano. Messo alla porta e rientrato dalla finestra. Ancora santo, di nuovo eroe. Martire e infine manager di se stesso. Saviano che - di flop in flop, dopo averle provate tutte, persino il tantra di Toto Riina - non sapendo più dove andare a parare, ha parato nella censura. Un po’ come le attrici in disarmo, a Hollywood, vanno a parare nella molestia... E dunque bingo! Il Nostro ottiene l’invito da parte degli editor crucchi - cui il censurismo fa gola non meno che a lui - ma soprattutto ottiene la solidarietà degli amici. Della pleiade di eretici, dicevamo, che disertano la Buchmesse. Intellettuali decisi. Per niente in crisi. Che dicono no con tono talmente tragico che di primo acchito s’accentua il comico.

Giacché lui, Saviano, alla fine ci va a Francoforte, e loro - gli eretici - invece no. Così, ricapitolando: abbiamo il Nostro - sempre primo al traguardo del martirio - seguito dai colleghi premi Strega e scolari Holden. Da scrittori che han tutta l’aria degli amici d’un adolescente charmant - Roberto - che sa bene come si rimorchia (e cioè sa come si tirano su due copie), e che loro seguono nella speranza di racimolare strascichi. Di raccogliere i resti dell’arte amatoria e, fuor di metafora, manageriale. In altre parole, scrittori che come Paolo Giordano e Sandro Veronesi declinano Francoforte - nel solco di Roberto che però poi ci va - per farsi notare a Roma... Persino a costo di dire, come ha detto Francesco Piccolo su Repubblica, che qui "non c’è in ballo la politica, bensì la letteratura".

Accidenti. Persino a costo, quindi, di parare nella censura per sconfinare nella commedia. E conclamare l’editoria italiana quale nuova opera buffa. Libretto denso di equivoci e scambi-identità per cui Saviano s’è confuso con Joe Marrazzo, Chiara Valerio è una rediviva Sibilla Aleramo, Elena Stancanelli rediviva Morante e i pur meritori Gramellini rifulgono manco fossero dei Pontiggia fintato che sarebbero stati, ieri, dei Luca Goldoni. Letteratura, appunto. Piccolo dixit. Per non dire ancora delle Case editrici- vedi Mondadori - che dalla saggistica sfolgorante di Lorenz e Fromm centrano adesso il core business su podcaster, instagrammer e tiktoker della terza guerra mondiale a pezzi. E vabbè. Per dirla con Luigi Pirandello, uno che sta un gradino sotto Francesco Piccolo, così è se vi pare.