Il caso
Papa Francesco, se ci fosse la legge Zan il pontefice sarebbe incriminato
La tempesta di critiche non gliela risparmierà nessuno, ma Papa Francesco, per sua fortuna, si è quantomeno evitato un’incriminazione per reato di incitamento all’odio e omotransfobia. «In alcuni seminari c’è già troppa frociaggine», dice Francesco rivolto ai vescovi per manifestare, in un contesto informale a porte chiuse, il suo ennesimo «no» all’ingresso di persone dichiaratamente gay nei seminari cattolici. Un approccio dialettico particolare, quello scelto da Bergoglio che, pare, abbia destato stupore nei suoi interlocutori. Stupore e nulla di più, visto che nell’ottobre 2021 il Senato decise di affossare il cosiddetto Ddl Zan anche grazie, tra le altre cose, alla spinta del Vaticano. Su quella questione, rovente nelle settimane del voto parlamentare, era intervenuto infatti anche il Segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher, che a giugno 2021 aveva inviato a giugno una nota all’ambasciata italiana presso la Santa Sede in cui si chiedeva formalmente la modifica del disegno di legge.
In base ad essa, e in particolare all’art. 4, Bergoglio oggi sarebbe potuto finire alla sbarra e magari addirittura condannato da un giudice troppo zelante. Perché se le sinistre in difesa dell’arcinoto Ddl all’epoca pensarono di inserire, pur di renderlo rispettoso dell’Art. 21 della Costituzione, una dicitura che tutelasse «la libera espressione di convincimenti», è anche vero che nel medesimo articolo aggiunsero pure la condizionale: «Purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti». In sostanza in base al Ddl anche le battute come quella del Papa sarebbero potute essere perseguibili se un Tribunale le avesse giudicate tipiche di una condotta capace di avere come conseguenza in concreto il pericolo di atti di discriminazione e violenza.
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Per carità, il Santo Padre è anche leader di uno Stato sovrano, quindi non avrebbe certo violato le leggi vaticane, ma l’esempio teorico calza comunque. Le idee del Pontefice sull’orientamento sessuale sono state a lungo, nel corso degli anni, al centro del dibattito anche politico. Da tempo nella Chiesa è in corso un confronto serrato sul tema con piccole aperture, ma su omosessualità e sacerdozio il documento di riferimento è ed è sempre rimasto quello della “Congregazione per il clero”, che spiega: «In relazione alle persone con tendenze omosessuali che si accostano ai Seminari, o che scoprono nel corso della formazione tale situazione, in coerenza con il proprio magistero, la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay».
Sul tema in senso più lato lo stesso Bergoglio più volte ha confermato i suoi «niet» a un’inclusione piena nella chiesa cattolica: «La Chiesa è aperta a tutti, ma non si possono benedire le unioni omosessuali», spiegò ad esempio il Pontefice in una intervista in cui specificò anche che l’omosessualità non è un crimine, «è un fatto umano», ricordando però che «quello che ho permesso non è stato di benedire l’unione», perché questo va contro «la legge della Chiesa». Ma è anche vero che nel tempo, anche di recente (dicembre 2023), fu lo stesso Francesco a dare il via libera alle medesime benedizioni in chiesa di coppie gay e che prima ancora c’erano state delle aperture, come la dichiarazione della “Dottrina della fede” che all’inizio di ottobre dello scorso anno non ne escludeva la possibilità, spiegando che si trattava di una necessità di trovare delle «forme» distinte con chiarezza dal matrimonio tra uomo e donna. Il Papa fu poi per anni idolo della sinistra quando già nel lontano 2013 disse sempre a colloquio con i media: «Se uno è gay e cerca il Signore, chi sono io per giudicarlo?». Molti dimenticano però che aggiunse anche: «Il problema è fare lobby, di qualsiasi tendenza: lobby politica, lobby massonica, e anche lobby gay». Il Papa, in sostanza, non è omofobo e non lo è mai stato. Semplicemente dal mondo arcobaleno che piace alla sinistra (che lo osanna solo quando gli conviene) ha sempre voluto stare alla larga.