L'intervista

Barbara Alberti e la censura: "Vorrei tanto l'onore del rogo"

Daniele Priori

Barbara Alberti è da sempre la strega magica della letteratura italiana. Nonostante ciò o a 81 anni compiuti da un paio di settimane, svela a Libero di non aver mai avuto l’onore del rogo. Una notizia in un’epoca nella quale si continua a parlare un po’ ovunque di censure più immaginarie che verosimili. Tra le grandi protagoniste della società letteraria del Novecento italiano, tuttora tra le voci più ricercate nei salotti televisivi, la Alberti si è presa tutte le libertà possibili, soprattutto quella di essere controcorrente. Sempre su queste pagine, esattamente un anno fa, l’avevamo lasciata, in tal senso, alle prese con una netta posizione contro la maternità surrogata: «È una pratica schiavistica dove il ricco compra il povero. Non mi vengano a dire che è un atto d’amore», ci disse. Mentre oggi, alla vigilia dell’uscita, a fine maggio, di un film a lei particolarmente caro, tratto dal suo libro Vangelo secondo Maria (di cui però ancora a parte il trailer tutto è rigorosamente top secret), in Italia si torna a polemizzare su un altro tema strettamente femminile come l’aborto«“che non è mai stato una festa per le donne ma una grande responsabilità e un grande dolore. Non ho mai conosciuto una donna felice di abortire. Quando sento dire che ci sono donne che abortiscono alla leggera chiedo sempre che me le presentino... Mi creda: non è vero».

Cosa pensa del recentissimo scontro politico che si è riaperto proprio sull’attuazione della legge 194?
«Io so per certo che l’aborto è un diritto insindacabile che non si deve discutere e basta. È una cosa che riguarda solo le donne. Non c’è discorso che si possa fare. L’aborto non è sindacabile. È la natura che ci ha dato questa gioia e questo dramma di mettere al mondo i figli che è anche un potere e un grosso peso. Per cui penso che solo la donna possa decidere e non debba neanche dare spiegazioni. Mi dispiace che nei consultori debba esserci chi ti persuada del contrario. Nessuna donna al mondo, infatti, desidera abortire. È un tale trauma. Chi può fare alla leggera una cosa del genere? Non vedo quindi perché siamo ancora qui a parlare di aborto. È una discussione che proprio non andrebbe riaperta».

Tornando a fatti e storie... televisive. Sta seguendo il dibattito sulla Rai tra libertà e presunte censure?
«In realtà non lo trovo così interessante questo dibattito, ma mi è piaciuto il gesto d’impulso della Bortone che coi suoi capelli furenti afferra il testo e lo legge, reagendo alla proibizione. Un gesto in stile mujeres creando non come le femministe di adesso che censurano il linguaggio e sono diventate delle signore vittoriane».

Lei è mai stata censurata?
«Mi piacerebbe tantissimo avere un tale attestato di eroismo ma non ho mai avuto l’onore del rogo che poi a noi vanitosi piacerebbe! Ho sempre avuto l’impressione di essere vissuta in democrazia... Con ciò non voglio certo negare che la censura esista. A me, però, non è mai capitato».

 

 

Nessuna censura nemmeno da parte della Chiesa?
«No, non ho mai avuto neppure questa soddisfazione. Con Vangelo secondo Maria, dove Maria si ribella alla volontà di Dio in nome del libero arbitrio, credevo di dover polemizzare con la curia. Ero pronta a discutere con passione la figura della Madre di Dio, ai miei tempi imposta come simbolo di obbedienza assoluta della donna. Ma la Chiesa, secolare maestra della diplomazia, rispose col silenzio. Mi diede soddisfazione solo un giornaletto parrocchiale, che mi chiamava la scimmia della letteratura italiana. L’esergo del libro era Fuori dell’eresia non c’è santità. Non solo non fui punita né maledetta, ma nel 2017 due intellettuali cattolici di vaste vedute, Lucetta Scaraffia e Giovanni Maria Vian, allora direttore de L’Osservatore Romano, mi fecero scrivere a puntate sull’Osservatore la storia di San Francesco e Santa Chiara, in totale libertà. Non credo in Dio, ma l’utopia del Vangelo è irresistibile».

Papa Francesco parteciperà per la prima volta al G7. Una delle tante novità portate da questo Pontefice. Cosa pensa del decennio di pontificato di Bergoglio?
«Abbiamo avuto il papa aristocratico, Pio XII, il papa soldato, Woityla, il papa teologo, Ratzinger, il papa perplesso di Moretti in Habemus papam. Ma non c’era mai stato un papa suonatore di campanelli. Un Papa che a Pasqua se ne va a Ostia senza scorta, col vestito bianco da papa e suona alla porta: “Disturbo? Soy el Papa! Auguri!”. L’eco della giocondità di San Francesco 800 anni dopo, da un Papa che porta il suo nome».

A proposito di fede e non solo. In questi giorni si è discusso molto anche sulla domanda che Giorgio Zanchini di RadioRai ha rivolto un po’ a bruciapelo alla senatrice Ester Mieli. «Lei è ebrea?». Può essere mai che oggi essere ebreo sia diventato nuovamente un motivo di stigma in un paese occidentale?
«Una delle atrocità del ritorno dell’antisemitismo, è volerlo vedere dappertutto. Esiste, ed è gravissimo che risorga ma dare dell’antisemita a Giorgio Zanchini solo perché, alla sua ospite, la senatrice Mieli, che è lì per parlare della recrudescenza del pregiudizio, domanda: “Lei è ebrea?” viene presa per una discriminazione. Dov’è l’offesa? Sul fatto poi che Zanchini sia un democratico nel senso più luminoso del termine non c’è dubbio. Ma si ha voglia di azzannare, si vuole a tutti i costi accusare, per rifulgere, e avere la patente di perfezione civile».

 



Parlando invece di memoria che in Italia non riesce ad essere condivisa: date come il 25 Aprile appena trascorso resteranno sempre campo aperto di battaglia politica?
«Guardo con infinita tenerezza queste dispute per il fatto che siamo in un tempo in cui si può ancora dibattere. E, osservando il presente, spero sia proprio questo l’augurio per il futuro! Il 25 Aprile finì una grande tragedia. È giusto festeggiare la fine del mostro nazifascista e l’Europa finalmente libera ma ora siamo di nuovo con la guerra qui a un passo che ci minaccia al punto da rendere questa festa quasi fittizia. Un po’ come se stessimo festeggiando un compleanno con un moribondo in casa...».

Tornando a temi più leggeri. Lei è una scrittrice che ha spesso collaborato con il cinema. Ci sono poi grandi cineasti del presente Barbara Alberti è nata a Umbertide l’11 aprile 1943. Scrittrice, sceneggiatrice, drammaturga, giornalista, opinionista, personaggio tv, attrice. Tra le sue opere più celebri: “Il Vangelo secondo Maria” del 1979, “Delirio” del 1977. Nel 2004 ha pubblicato una sua versione lgbt+ del Piccolo principe intitolata “Il principe volante” (edito da Playground). Spesso ospite dei salotti tv, da gennaio 2020 partecipa come concorrente alla quarta edizione del “Grande Fratello vip”, da cui si ritira dopo un mese come Ferzan Ozpetek che riescono a fare successo anche in libreria. Letteratura e grande schermo sono due mondi naturalmente affini o hanno solo imparato a “frequentarsi” e contaminarsi bene?
«Il connubio fra letteratura e cinema c’è sempre stato. Molti fra i più bei film del mondo venivano da un libro. Vedi Via col vento...».

Lei nei suoi romanzi ha spesso trattato temi tabù come la sessualità degli anziani che oggi anche in tv sono invece stati del tutto sdoganati. È andata meglio o peggio, secondo lei, in termini di narrazione agli innamorati... di una certa età?
«Da quando i vecchi sono diventati consumatori, si indaga moltissimo sul sesso dei vecchi. A me sembra una grande indiscrezione. Quando ero giovane il sesso in tarda età era colpevolizzato e deriso, tanto che scrissi in libro Delirio (Mondadori 1977), dove i due protagonisti, che crediamo ragazzi in un collegio, fanno sesso forsennato. A metà romanzo si scopre che invece di due ragazzi sono due vecchi all’ospizio. Tutto questo senza mai ingannare il lettore, senza mai dire: sono giovani! Il lettore si inganna da solo, perché considera il sesso solo dei giovani. Oggi si esagera nel senso opposto. Da quando siamo diventati consumatori, si esalta il sesso in tarda età. È il consumismo, bellezza. Io lo trovo indiscreto morboso e impudìco. Ma ci lasciate in pace almeno sotto le lenzuola?».

In effetti l’“usato sicuro”, almeno in tv, continua a vincere laddove le nuove proposte arrancano. Gianni Morandi raccontando il varietà in tv su RaiUno ha appena vinto la prima serata di venerdì, Mina è tra i papabili direttori artistici del prossimo Festival di Sanremo... Il futuro della tv secondo lei è nel 2025 o nel Novecento?
«Bella domanda! Se è del Novecento, io ne faccio parte».