Con che faccia?
Nicola Lagioia, il censore urla al regime sul caso-Scurati
Per chi crede alle coincidenze, ecco che nel giorno dell’“affaire” Scurati, della chiamata a raccolta da parte di Nicola Lagioia degli intellettuali italiani contro il vento fascista che spira in Italia, la Procura di Torino archivia le denunce alle persone che lo scorso Salone del libro, maggio 2023, contestarono il ministro Eugenia Roccella impedendole di parlare in quanto portatrice di posizioni anti-abortiste. Allora fu l’assessore regionale Maurizio Marrone a sporgere querela, ma il pm ha ritenuto che quella condotta non fosse stata minacciosa, intimidatoria, bensì espressione del diritto al dissenso, anche se (lo può testimoniare chi era presente allora) i toni non furono certo quelli di una discussione al bar e lo scontro fisico evitato per poco.
MONARCHIA
Fu quello l’ultimo increscioso atto della lunga monarchia al Salone del libro di Nicola Lagioia e dei suoi luogotenenti fedeli alla linea del capo mai messa in discussione. Un finale coerente con il percorso, invece di garantire una persona delle istituzioni molto meglio schierarsi con quei tipici esponenti di una minoranza rumorosa che pur essendo di meno tengono in ostaggio un sistema, non solo della cultura. Per 7 anni il Salone del libro è stata questa roba qui e non è vero che Lagioia ha censurato chi non la pensava in maniera diversa da lui e dal suo gruppo di obbedienti accoliti. Ha fatto di meglio: ha azzerato il dissenso, nel senso che non ha mai neppure lontanamente pensato di invitare alla kermesse torinese pagata con i soldi pubblici chi stava dall’altra parte.
Il metodo ferreo e scientifico non ha mai concesso una benché minima apertura all’altro: dibattiti pilotati, panel espressione del pensiero unico, amichetti e amichette piazzati ovunque, negazione di ogni eventuale contraddittorio. Per anni ce ne siamo lamentati, per anni se ne è venuto fuori con le scuse più incredibili. Nel 2018 non potei presentare il mio nuovo libro in quanto “lavoravo” con il Salone - per la precisione, ero presidente del Circolo dei lettori, colui che fu costretto a mettere malvolentieri la firma sotto il suo lauto contratto, dunque non un suo impiegato. Se qualcuno gli dava fastidio lui correva dai politici locali a lamentarsene, fino a chiederne la testa. Salutato come il geniale deus ex machina, a lui si deve la salvezza del Salone dal naufragio quando tutti sanno che a portare a casa il risultato è la macchina organizzativa, protetto da Pd e M5S, riuscì ad ammaliare anche diversi esponenti del centrodestra che lo ritennero intoccabile, ad eccezione di FdI, il sunnominato Marrone e Augusta Montaruli, tra i pochi a non piangere per il suo addio dopo l’eterno settennato. «Armiamoci e partite», dice oggi Lagioia all’ex intellighenzia italiana.
Dopo che la Rai ha annullato il contratto di Antonio Scurati, visto che il tema era il 25 aprile ancora un tabù per il governo italiano che non avrebbe completamente abiurato il fascismo, il già vincitore del Premio Strega, meno sovraesposto ai media rispetto ai tempi del Salone, chiama a raccolta el pueblo degli intellettuali, dei lavoratori nell’editoria, a farsi sentire, a non tacere perché in un anno e mezzo ritenendo questo governo pericoloso hanno avuto paura e hanno preferito tacere.
VOLGARITÀ
Affermazioni gravi e volgari, soprattutto perché pronunciate da un vero esperto di censura, uno che l’ha messa in pratica scientemente e se qualcuno glielo faceva notare, rispondeva che non è certo colpa sua se gli intellettuali di destra in questo Paese non esistono. Non esistono semplicemente perché lui e i suoi non li riconoscono e nel caso li delegittimano non ritenendoli alla loro altezza. E se si apre qualche maglia, si organizzano in modo da non lasciarli parlare. Peraltro, Antonio Scurati non ha bisogno di essere difeso: ha vinto il Premio Strega grazie al Duce, figura da cui è irresistibilmente attratto assai più di molti che votano oggi a destra, ne è attratto perché emana il potere e lui dal potere è ossessionato, vuol fare sempre ciò che vuole, pontificare, predicare, come Lagioia non tollerale critiche e confeziona il passaggio «Meloni non ha mai ripudiato nel suo insieme l’esperienza fascista» apposta per gridare alla censura.
Che il monologo non vada in onda è la sua salvezza perché è talmente antipatico che dopo averlo sentito c’è il concreto rischio di un aumento degli elettori di destra. Ciò che non ha funzionato, stavolta, nel solito can can mediatico messo in piedi dalla sinistra è il giro delle coincidenze, perché sono proprio le scelte della Procura torinese a sentenziare che in Italia non c’è alcun tipo di regime che condiziona e reprime il dissenso, nessuno viene mandato a processo, nessuno è giudicato sovversivo, e si può continuare a vomitare insulti contro la Roccella, contro Israele, contro il governo.