Intervista allo storico
Gianni Oliva: "Meloni fascista? Come dire che Renzi è comunista"
“45 milioni di antifascisti. Il voltafaccia di una nazione che non ha fatto i conti con il Ventennio”, G. Oliva, ed. Mondadori, coll. Le Scie, 2024. Quando il titolo di un libro è azzeccato e ti invita ad una lettura appassionata. Certo, una lettura storica, malgrado lo stile del professor Gianni Oliva lo conosciamo bene: taglio divulgativo, veloce, scorrevole coniugato al rigore della ricerca, come Marc Bloch docet.
“Mi sono ispirato alla celebre citazione di Winston Churchill: - Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti… - perché, con la chiave dell’ironia, spiega bene il voltafaccia di un Popolo che passò, senza troppi problemi, dal fascismo all’antifascismo”.
Secondo lei, dunque, gli italiani non furono solo vittime del Fascismo?
“Le rispondo invitandola a guardarsi le immagini della dichiarazione di guerra a Gran Bretagna e Francia del 10 giugno 1940. La risposta della folla alle parole di Mussolini è di un entusiasmo che lascia di sale: si stava andando in guerra e la piazza rispondeva con entusiasmo”.
Qualcuno potrebbe obiettare che, siccome l’Italia di allora era una dittatura, non si poteva far diversamente…
“Il problema è esattamente questo. Il fascismo fu un regime illiberale, prototipo di altri regimi autoritari e totalitari, dalla Germania alla Russia capace, tuttavia, di un’opera di modernizzazione profonda del Paese tale da creare un forte consenso fra gli italiani. Consenso che sopravvisse almeno fino al 1943...”
Nella sua ultima fatica editoriale parla di una sorta di continuità fra la classe dirigente fascista e quella democratica, citando il caso (davvero eclatante!) di Gaetano Azzariti…
“Sì, Azzariti passò dalla presidenza del Tribunale della Razza alla Presidenza, nel dopoguerra, della Corte Costituzionale e senza che nessuno gli avesse mai chiesto conto del suo passato. Nessuno: da Badoglio a Togliatti. Nella repubblica democratica fondata sull’antifascismo, era cambiata la classe dirigente politica, ma in molti organi dello Stato repubblicano restavano elementi legati al precedente regime. Azzariti è stato forse l’esempio più clamoroso. Le colpe della sconfitta furono attribuite a Mussolini, ai gerarchi, al Re, ma un’opera di de-fascistizzazione non c’è stata ed in tanti dimenticarono, in fretta, le loro precedenti responsabilità”.
Quindi, secondo lei non vi è mai stato un cambiamento della classe dirigente?
“No, almeno fino a Mani Pulite. Con la caduta della Prima Repubblica, poi, è avvenuta una transizione della classe dirigente… che tutt’ora continua!”
Nel 2024, l’antifascismo continua ad essere argomento quasi d’attualità per la politica. Come se lo spiega?
“Lo è perché mancano altri contenuti. E, allora, ricorrere all’antifascismo è un modo per parlare e per coinvolgere la pancia di un elettorato digiuno di tematiche e battaglie che avrebbero invece attualità maggiore e maggiore senso”
Citiamo dal libro: “l'Italia può riacquistare la sua presunta integrità politica e morale usando la Resistenza, opera di una minoranza, come alibi per assolversi dalle responsabilità del Ventennio”. Resistenza opera di una minoranza: non teme la attaccheranno?
“Quando, ormai più di 20 anni fa, pubblicai il primo libro sulle Foibe (“Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell'Istria”, Mondadori 2002, ndr) ricevetti attacchi molto duri. D’altronde, anche una figura del calibro di Luciano Violante fu aspramente criticata per le parole spese sugli italiani che andarono a Salò. Ma oggi i tempi sono fortunatamente cambiati. Quanto alla Resistenza sì, fu opera di una minoranza, almeno se rapportata ai tanti coscritti e volontari che prestarono servizio nelle forze armate della RSI. In qualche modo essi mostrarono anche una coerenza rispetto a ciò che era stato loro insegnato nel corso del Ventennio, scegliendo di continuare a combattere una guerra che era iniziata con la Germania e che, dunque, andava finita con la Germania”.
Nell’Italia di oggi, governata dall’esecutivo dei “patrioti”, le opposizioni parlano con frequenza di “fascismo”. Cosa ne pensa?
“Che la Meloni è fascista come Renzi è comunista… cioé non lo sono! La Meloni non ha vissuto il fascismo, non è una nostalgica, non rappresenta una continuità anzi, se proprio dobbiamo cercare una continuità la vedo più con il Governo Draghi che con Mussolini. Quanto ai “patrioti”, quel patriottismo esasperato attribuito alla retorica fascista è in realtà un’evoluzione del patriottismo risorgimentale. La Patria, la difesa dei Confini d’Italia erano concetti vivi ben prima della Marcia su Roma”.
E già che siamo freschi della visione di “Mameli. Il ragazzo che sognò l’Italia”, concludiamo ringraziando il professore e rammentando che:
“dall’Alpi a Sicilia ovunque è Legnano/ogni uom di Ferruccio ha il cuore ha la mano”. Goffredo docet.