Populismi
Otto e Mezzo, Massimo Giannini usa i tassisti contro il governo: sceneggiata alla Stazione Termini
La destra strizza l’occhio agli evasori fiscali e i tassisti sono brutti e cattivi. Unire le due tesi per ottenere, in estrema ma efficace sintesi, il pensiero espresso da Massimo Giannini a Otto e Mezzo. Populismo un tanto al chilo proposto da chi si vende come l’élite della lotta al populismo. Ma contro il governo Meloni vale tutto. Anche sparare in prima pagina (mercoledì) su Repubblica (dove Giannini scrive) che «lo Stato si arrende». Agli evasori ovviamente. «La decisione della cancellazione dei debiti vale 600 miliardi», la sparavano ipertrofica (senza considerare che quasi la totalità di quei crediti è di fatto inesigibile).
Da Lilli Gruber proprio di Fisco si parlava: dello stralcio delle cartelle dopo cinque anni e della possibilità di spalmare la rateazione di quanto dovuto in dieci, i due principali punti della riforma presentata dall’esecutivo. Fisco umano? No, per Giannini trattasi soltanto di complicità sostanziale con l’illegalità. «In termini elettorali pesa parecchio», catechizza. «Questo governo dell’evasione non ne vuole parlare».
Esaurito il capitolo sulla destra che strizza l’occhio ai furbetti, il colpo di teatro - con sfumatura situazionista - irrompe quando la firma di Rep rivela quanto vissuto poco prima in prima persona. «Un esempio per dire quanto questi messaggi», del governo ovviamente, «siano diseducativi. Mi è capitato ieri», premette il Giannini pedagogico. «Tornavo da Milano, ero alla Stazione Termini di Roma, fila dei taxi come al solito». Suspense. «Un tassista, l’ultimo che doveva prendere la lunga fila di utenti, si affaccia dal finestrino e dice: io non la prendo la carta di credito! Non la prendo! Voi dovete abituarvi all’idea che l’economia deve girare!». Dunque il tassista, di sua sponte, avrebbe berciato dal finestrino che si paga solo in contanti. «Ovviamente ci siamo infuriati tutti quanti - riprende Giannini -: mi scusi, ma è previsto l’obbligo di accettare la carta di credito». Il tassista risponde: «No, col nuovo governo non c’è alcun obbligo». «Fischi, improperi e se ne è andato senza prendere nessuno. Ma questo è il messaggio che alla fine passa a quelle categorie: faccio come mi pare, tanto lo Stato mi è amico».
Soprassediamo sul cattivo servizio reso a una categoria, quella dei tassisti, che sconta un livello di impopolarità probabilmente superiore alle sue colpe. Registriamo però che il tassista, arrogante e furbetto, agisce impunito e fuorilegge grazie «al nuovo governo» che ridefinisce «non un Fisco amico, ma complice», conclude. Benvenuti nell’universo paranoico di Giannini, dove la destra al comando ha la colpa di tutto.