Pubblico ludibrio

Selvaggia Lucarelli? La bidella, i tassisti, il ragazzo mutilato: tutti i suoi bersagli

Andrea Tempestini

Ergersi a Sacerdotessa del Giusto ha delle conseguenze. Inevitabili, se l’aula del tribunale posticcio dove si marca il confine tra bene e male- considerati Instagram, Facebook e Twitter nel complesso - raccoglie più di 4 milioni di persone. Una potenza di fuoco da maneggiare con cautela contro chi non ha la corazza di Chiara Ferragni, per esempio. Si parla di Selvaggia Lucarelli e della morte di Giovanna Pedretti, un probabile suicidio altrettanto probabilmente dovuto alla “gogna social” che si è scatenata contro la ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano. La sua colpa? Aver (sempre probabilmente) artefatto una recensione della sua pizzeria su Google.

La vicenda è nota, ma resta da riflettere sulle conseguenze derivanti dall’ergersi a Sacerdotessa del Giusto: in questo caso - con una colpa, se tale è, oggettiva ma relativa - potrebbero essersi rivelate devastanti. Lei, certo, si difende. E su X scrive: «Nessuno si pone mai il problema a monte e cioè che scrivere cose non vere può essere pericoloso, poi accade una tragedia (in cui nessuno ovviamente pensa che contino anche il contesto, la vita, i pregressi) ed è colpa di chi ristabilisce la verità. In pratica, siamo arrivati al punto che dare una notizia non è più una responsabilità. Correggerla sì». Ma resta da riflettere sulle conseguenze, perché quello di Selvaggia Lucarelli è un metodo.

RIFLETTORI PUNTATI
Nei primi giorni di gennaio toccò a Matteo Mariotti, ragazzo di Parma che lo scorso dicembre si risvegliò in Australia senza una gamba, divorata da uno squalo in mare. Matteo è in rianimazione e i suoi amici aprono una raccolta fondi per le cure dai contorni un poco indefiniti. Selvaggia punta i riflettori e si mobilitano i “4 milioni”, che a cascata innescano siti, tv, radio e giornali. Insomma Matteo inizia ad apparire un truffatore senza una gamba. Torna in Italia ed eccepisce: «Mi ha fatto passare per manipolatore, poi per uno che si dovrebbe far curare». Forse di fronte a tale disgrazia poteva chiudere un occhio su eventuali colpe, ma la Sacerdotessa del Giusto- accreditandosi come nella vicenda della ristoratrice il merito di «aver ristabilito la verità» - ha deciso altrimenti. Poi c’è Giuseppina Giuliano, bidella pendolare tra Napoli e Milano, nove ore di treno al giorno pur di non pagare gli esorbitanti affitti meneghini. Storia inverosimile ed effettivamente falsa, storia tutto sommato innocua ma che non sfugge al debunking di Selvaggia. Risultato? Pubblico ludibrio.

E ancora l’ossessiva campagna contro i tassisti senza pos, ripresi di nascosto e insultati, «voi tassisti siete la peggiore razza d’Italia», disse con disprezzo a uno di loro. Il processo in questo caso è all’intera categoria: sistematico il rilancio ai “4 milioni” delle segnalazioni sui soprusi subiti dai passeggeri (le segnalazioni sono state tutte verificate?). Ovvio, la panzana del «pos che non funziona» è molesta. Ma il fine, se oggi i tassisti sono più impopolari della Ferragni alla Balocco, giustifica i mezzi?

 

L’OSTERIA
Lo scorso agosto fu il turno dell’Osteria del Cavolo di Finalborgo, Liguria, quelli dei 2 euro in più sullo scontrino per il «piattino condivisione». Selvaggia riceve la segnalazione, condivide, giustizia è fatta. Sì, ma come? Le truppe cammellate si coordinano, «facciamogli crollare la valutazione a 1 stella»: poi un diluvio di recensioni negative su ogni portale, da Tripadvisor in giù. Risultato? Osteria rovinata per il «piattino» e non per le pietanze (la sproporzione tra delitto e pena è macroscopica). Non è tutto: per una sventurata omonimia i tribuni del clic rovinano anche l’Osteria del Cavolo di Monza, che col «piattino condivisione» non c’entrava nulla.

E ancora, Marco Dominelli: era il 16 gennaio 2021, infuriava il Covid e il governo impose l’ennesima chiusura. Dominelli, nel negozio di abbigliamento che gestiva alle porte di Milano, espose l’infelice cartello «Muoia Giuseppe Conte». Selvaggia lo fece sapere ai suoi e iniziò il linciaggio. «Ho ricevuto minacce di morte, telefonate anonime, ho cancellato la pagina Facebook e dovrò cambiare numero di telefono. Ovviamente - chiosò - non voglio la morte fisica di Conte». 

Indimenticabile, sempre ai tempi del virus, la martellante campagna contro chi “bucava” il lockdown: Selvaggia riproponeva gli scatti degli “untori” e questi venivano ricoperti d’insulti. La Sacerdotessa del Giusto da tempo non fa sconti neppure ad Elisa Barone, mamma di Giorgia, 15enne di Lecce colpita da una rara sindrome intestinale e che per le cure da sette anni si trova a Pittsburgh. «Forse sarebbe ora che la Asl Puglia desse delle spiegazioni sull’opaca vicenda. Davvero la signora ha bisogno di rimanere in America con due figli, costando alla sanità milioni e milioni di euro?». Rispose regione Puglia, assicurando che tutto era stato fatto «nel rispetto delle norme. E questo per noi è un punto di orgoglio». L’intricata vicenda è poi finita in Procura, il tutto dopo una serie di post sulle cui basi l’esercito dei 4 milioni ha emesso il verdetto: madre colpevole. Ma colpevole ancora non è.

 

LE ULTIME CAMPAGNE
Per ultime due recenti campagne dai contorni inquietanti: quelle contro le «mamme influencer» e contro gli adolescenti che esaltano la gelosia sui social. Video volgari e sconcertanti, i cui protagonisti- madri che “sfruttano” bebè a caccia di seguaci, ragazzine felici nell’essere ridotte a oggetto appaiono un concentrato di ignoranza, privi degli strumenti cognitivi necessari a prevenire tale degrado (ci venga perdonato il giudizio). Stigmatizzare e arginare i due fenomeni è corretto. Ma con che metodo? Mostrare quei video a 4 milioni di persone, pur (talvolta) eludendo i nomi dei protagonisti, dare in pasto quelle mortificanti umanità a 4 milioni di potenziali giudici, è pericoloso. Questo perché «i social sono diventati il luogo per eccellenza dove sfogare le proprie frustrazioni». Il fatto curioso è che le parole sono di Selvaggia Lucarelli. Evidentemente, e sistematicamente, se le scorda.