L'intervista
Gabrielle Fellus, l'esperta di Krav Maga: "Donne, vi insegno a difendervi"
Mettiti davanti allo specchio. Stendi le braccia in avanti. Falle ruotare. E guardati alle spalle. C’è uno spazio vitale tra te e gli altri che nessuno può invadere. A meno che tu non lo voglia. È lo spazio del rispetto, dell’autostima, della considerazione di sé. Ed è anche quello che ti consente di evitare aggressioni fisiche. Parte tutto da lì, dal tuo centro. Se provi ad alzare lo sguardo, a cambiare postura, a essere sicura, ma soprattutto a non far vedere che hai paura, il suo metodo è infallibile. Gabrielle Fellus, esperta di difesa personale, è l’unica donna in Italia ad aver raggiunto il livello “Expert” di Krav Maga. Il sistema di difesa di origine israeliana nato negli anni Sessanta per contrastare le aggressioni antisemite, utilizzato poi anche dalle unità delle forze di difesa israeliane, e messo a punto combinando tecniche di diverse discipline, dalle arti marziali alla boxe.
Specializzata nella formazione delle donne e dei bambini, da anni Gabrielle insegna nella sua palestra a Milano. Folti capelli rossi e ricci, la sua voce travolgente è un’ondata di energia, a vederla ti mette sicurezza. Ha ideato un metodo che ha trascritto nel suo libro: “La palestra dell’autostima”. Gestire il proprio spazio, lasciare fuori gli intrusi, cambiare atteggiamento, respirazione tattica, trovare il coraggio di rialzarsi. Combattere. «Alzate lo sguardo, cambiate postura, smettete di subire. Rinascete». Così ci dice Gabrielle, quando la intervistiamo. «Per me è così. Bisogna reagire».
Gabrielle, da dove nasce questa sua indole?
«Secondo me sono proprio nata così. Da piccola giocavo con i soldatini e odiavo le bambole. Difesa e prevenzione sono cose che avevo nel cuore».
E ora insegna alle donne a difendersi.
«Sì, per la verità anche agli uomini. Nella palestra, nei corsi collettivi, insegno Krav Maga per la difesa in strada. Poi ho ideato il mio metodo, “I Respect”, con la palestra dell’autostima. È fondamentale adeguare la difesa in base a ogni tipo di violenza. Non è che devi tirare per forza un pugno. Se gli attacchi avvengono in un contesto di vita quotidiana, la difesa passa anche attraverso l’autostima».
Allora questo fatto che è colpa nostra, colpa di noi donne, ha un senso?
«No, se vieni aggredita non è colpa tua. Io cerco di insegnare il rispetto verso di sé, occorre un cambiamento mentale, il fatto di accettarci e amarci così come siamo. Nota una cosa: la presa in giro, per esempio, parte sempre da un tuo difetto, ma bisogna avere autoironia, così anche le prese in giro non fanno male. Mettersi davanti lo specchio, io sono così. Non ti piaccio? Chi se ne frega!».
Quante donne si rivolgono a lei?
«Anni fa avevo il 70% di uomini e il 30% di donne. Oggi siamo arrivati al 50 e 50, e ultimamente sono sempre di più le donne».
Perché proprio il Krav Maga?
«Perché è pratico, efficace e con poche mosse ci si può salvare».
Sarà l’eco del caso di Giulia Cecchettin, la ragazza trucidata dall’ex fidanzato? Ha visto che dopo questo caso sono aumentate le donne che denunciano?
«Purtroppo... Ma finalmente. La risonanza di questa vicenda ha fatto capire a più donne che se hai a che fare con un soggetto così, si può anche morire. Così si impara a denunciare. A dire basta. E perché no, se serve anche a dare un calcio nei genitali per difendersi. Occhio a non generalizzare, però».
Cioè?
«Non tutti gli uomini sono così».
Parliamo del suo metodo di autodifesa.
«Il mio metodo parte da un principio fondamentale. Che è questo: stendo le braccia, definisco un cerchio intorno a me, e quello è il mio spazio. Uno spazio anche mentale, direi. Decido io chi deve entrare nel mio spazio. Comincio a filtrare. Anche per strada, il concetto dello spazio e della prevenzione sono importantissimi. Devo sapere che se uno si avvicina troppo per chiedermi anche solo un’informazione, da lì mi può colpire, e dunque devo arretrare di tre passi. Oltre a guardarmi alle spalle. Ripeto, non è colpa tua se vieni aggredita, ma se ti capita devi trovare un sistema per difenderti».
Dopo quante lezioni una donna è in grado di difendersi?
«Guarda, dopo 3-4 lezioni individuali di un’ora cambi la testa. Se fai il corso collettivo, una volta a settimana, dopo 2-3 mesi hai già cambiato il tuo atteggiamento mentale».
Ma perché non per esempio il karate?
«Il Krav Maga parte da un presupposto: si colpiscono i punti deboli, i genitali per esempio. Cosa che le arti marziali non ti insegnano».
Quindi va bene anche per una donna che pesa poco e si trova un omone davanti?
«Assolutamente sì. Pochi colpi efficaci e poi scappi. Diventa meccanico. Se tu lo colpisci nei genitali, lui per qualche secondo non respira, in quei secondi lui non si può muovere. Quando è piegato gli colpisci il naso. Non è un arte marziale, è un sistema di difesa. Importante è il principio delle leve».
Cioè?
«Funziona come il cric della macchina. Con due mosse sei in grado di togliere il coltello a uno».
E prima di arrivare a tanto: cosa fare in strada se si teme un’aggressione?
«Intanto controllare la tua postura e capire quali sono i punti deboli del potenziale aggressore, per eventualmente reagire in maniera efficace. Deve saper dare due o più colpi diretti ai punti deboli e scappare. Nei momenti di pericolo, quando vado a prendere l’auto per esempio, devo camminare guardandomi intorno a 360 gradi. Mai perdere di vista i quattro punti cardinali. Guardare l’orizzonte. Rizzare le antenne: per quello non sopporto gli auricolari, perché impediscono di sentire cosa accade».
E se uno ci sta seguendo?
«Intanto guardo la persona che si sta avvicinando. Se non mi piace, attraverso la strada e lo faccio passare avanti, così sono io che lo controllo alle spalle. Se lui si ferma e mi guarda, è chiaro che ce l’ha con me. Ma me ne vado. Testa dritta. Non lo devo far avvicinare. E se devo scappare, ricordarsi di correre verso i punti di luce: un bar, un negozio, un portone aperto che chiudo io dietro le spalle».