L'intervista
Bernardini de Pace: "Patriarcato? Nelle coppie vedo molto più matriarcato"
«Ma quale patriarcato... Il delitto di Giulia non nasce dal patriarcato. E poi, le assicuro che dal mio osservatorio vedo molto, molto più matriarcato». L’osservatorio dell’avvocato (per carità, non chiamatela avvocata e men che meno avvocatessa!) Annamaria Bernardini de Pace è quello del rapporto tra uomo e donna quando arrivano i titoli di coda, quando dell’amore restano solo macerie, il matrimonio diventa un cumulo di recriminazioni e il divorzio è fonte di continue rivendicazioni.
Avvocato, mentre le femministe organizzano una marcia contro il patriarcato, lei spariglia e parla di matriarcato. Ci spieghi.
«Faccio una premessa. Quando ho cominciato a fare questo lavoro, nel 1989, il mio è stato il primo studio tutto al femminile. L’unico uomo era il segretario che rispondeva a noi tutte. Oggi siamo ventisette donne e due uomini. Sono una ex femminista, figlia di un magistrato dal carattere autoritario, ex moglie di un fascista, eppure mi sono liberata».
Fatta la premessa, perché dice che vede più matriarcato che patriarcato nei rapporti uomo-donna?
«Prima della riforma del diritto di famiglia, nel 1975, le donne non avevano parità giuridica, rispondevano al marito. Una volta che giustamente hanno ottenuto la parità, non si sono accontentate perché vogliono essere più potenti».
E cosa fanno?
«Pensi alla gestione dei figli. Le madri credono di essere le uniche ad avere diritti sui figli perché li hanno cresciuti, perché hanno passato più tempo con loro, eccetera. Oggi il 76% di ricorsi di separazioni partono dalle donne, sono loro a voler porre fine a un matrimonio. Le signore tradiscono molto più dei maschi solo che non si fanno scoprire, mentre i mariti hanno la sindrome di Pollicino e lasciano tracce ovunque. Ci sono donne che non si separano solo perché lui è ricco, e molte di quelle che divorziano da un uomo ricco vogliono solo spennarlo. E poi le amanti...».
Non sono più quelle di una volta?
«Esatto. Vogliono passare dalla serie B alla serie A e allora pubblicano le foto su Instagram in cui indossano le scarpe della moglie di lui prese di nascosto dalla casa al mare. Sono loro che decidono per l’uomo. Le vere vittime sono i maschi».
Il suo però è un osservatorio privilegiato. Lei ha clienti facoltosi e dove ci sono soldi è tutto più semplice.
«Ma smettetela con questa storia. Lavoro anche pro bono. Assisto pure donne e uomini che non possono pagare la parcella e le assicuro che le signore sono cattivissime».
Davvero pensa non ci sia patriarcato nella società di oggi?
«Penso che la destra di governo non c’entra nulla col patriarcato. Giorgia Meloni che pure non ho votato è una delle persone che ammiro di più, è coraggiosa, intelligente, coerente e sincera. È cresciuta senza padre, si è liberata del suo uomo alla prima occasione».
Meloni viene criticata anche perché ha deciso di farsi chiamare “il” presidente e non “la” presidente.
«E fa bene. Anche io dico sempre che sono “avvocato” per dare importanza al ruolo che svolgo e non al sesso».
Per quanto riguarda la ribellione delle donne, non tutte possono farlo. Molte sono disoccupate o hanno lasciato il lavoro per via dei figli, degli asili che chiudono presto o costano troppo. E poi ci sono quelle che hanno paura, che sopportano per il bene dei figli.
«Le leggi che tutelano le donne, oggi, per fortuna ci sono...».
Però le donne vengono ammazzate ancora.
«Perché sono educate a subire e non sanno scappare dagli uomini cattivi. Ho sentito una conduttrice televisiva dire “una donna coraggiosa, ha accettato per anni le botte del marito”. Le donne coraggiose se ne allontanano, non se lo tengono».
Nella sua carriera non ha mai subito atti di sessismo?
«Certo, ma sono sempre andata avanti per la mia strada. I miei colleghi pur di non riconoscere la mia bravura mi dicevano “è in gambe” -alludendo al fatto che avessi belle gambe - e non “è in gamba” ma io me ne sono sempre fregata. E ho ottenuto tutto quello che volevo».
Con il suo ex marito fascista?
«Per lui avevo smesso di andare all’università. Voleva che stessi a casa e mi occupassi solo delle mie figlie, ma poi quando l’amore era ormai finito ripresi gli studi».
E lui?
«Lui era stato il mio professore di diritto romano. Telefonava ai suoi colleghi e diceva: “Bocciate mia moglie o rovinate la mia famiglia”. Fortunatamente era molto ironico e mi diceva: “Sei troppo brava, non possono darti neanche 29”».
Tornando a Giulia che idea si è fatta?
«Credo che Filippo sia cresciuto, come molti giovani di oggi, nella bambagia. Non gli è stato mai detto “no” e non è diventato emotivamente adulto. Non gli è stato insegnato che i cambiamenti sono necessari. Considerava Giulia come sua e quando lei gli ha comunicato che non voleva più stare con lui, non ha accettato la decisione, non ha saputo attraversare il dolore della perdita. Giulia, invece di ascoltare la sorella, invece di auto-tutelarsi lasciandolo perdere, ha fatto prevalere la sua generosità».
Giulia stava per laurearsi ma Filippo le aveva chiesto di fermarsi, di aspettare che lui facesse altri esami. Voleva raggiungerla negli studi. Che cosa vede dietro questa richiesta?
«Tanta invidia. Oltre all’incapacità di accettare un “no“, c’è anche l’incapacità di assistere al successo della propria partner».
Sa che per queste affermazioni verrà attaccata da tutti? Diranno che lei sostiene che Giulia se l’è cercata.
«Lo so che le femministe tossiche diranno questo. Ma Giulia non se l’è cercata. La colpa è di Filippo. Dico solo che avrebbe dovuto pensare più a se stessa che a Filippo...».
Chi può aiutare i ragazzi di oggi, secondo lei?
«La famiglia, attraverso la condivisione continua. Con le mie figlie, che hanno cinquant’anni, parliamo ancora di tutto. Il guaio è che oggi tutti hanno un cellulare in mano».
Sabato le femministe scenderanno in piazza contro i maschi.
«Ma perché bisogna prendersela con tutti i maschi? Non è così che si riducono i femminicidi, le donne debbono ribellarsi a situazioni che non sopportano. Oggi (ieri, ndr) Libero titola “Caccia al maschio” ed è vero che adesso tutti gli uomini sono criminalizzati, accusati di essere la causa di ogni male. Mi chiedo poi che cosa c’entri il governo con l’omicidio di questa ragazza. Non capisco perché debba essere buttato tutto in politica. Questo è uno dei motivi per cui non ho amato il film di Paola Cortellesi che pure è un’attrice da Oscar».
Per via della politica?
«Perché una donna deve salvarsi da sola, senza aspettare che la liberi la politica come da sempre pensano le donne di sinistra».