Il conflitto

Zelensky, Paolo Mieli: "Perché è il momento più difficile della sua vita"

La guerra in Israele, scrive Paolo Mieli, nel suo editoriale su Il Corriere della Sera, ci ha fatto distrarre, "colpevolmente", da quella in Ucraina. E ora "Volodymyr Zelensky attraversa uno dei momenti più difficili della sua vita politica: le munizioni si stanno esaurendo; gli alleati - compresa la nostra presidente del Consiglio nella celebre telefonata burla con il 'comico' russo - si intrattengono volentieri sul tema della 'stanchezza' per l’eccessiva durata del conflitto".

E così "l’eroico ex comico, passerà alla storia per essersi battuto contro un’aggressione che aveva portato i carri armati nemici fin dentro casa sua, alla periferia della capitale", aggiunge Mieli. "Resistendo con armi americane (è vero, ma anche gli irakeni e gli afghani erano armati dagli Usa e s’è visto come è andata) quell’uomo impavido oggi ha motivo di esser preoccupato. E financo di temere un colpo di Stato". 

 

 

Emblematico è il caso dei bambini rapiti dai russi. "Qualche giorno fa il cardinale Matteo Zuppi che molto si è speso per la restituzione dei bambini ucraini rapiti alle loro famiglie, ci ha rivelato in privato l’entità dei risultati fin qui raggiunti (senza però autorizzarci a darne conto pubblicamente)", prosegue lo storico e giornalista. "Non abbiamo ben compreso come sarebbero avvenuti questi ricongiungimenti, se nella parte dell’Ucraina occupata dai russi o in quella libera, né cosa è stato concesso a Mosca in cambio di questi rilasci".

E Ganna Yudkivska, dal 2010 al 2022 giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo, "quantifica in 2,8 milioni gli ucraini deportati in Russia dall’inizio dell’invasione,'tra cui quasi ventimila bambini'. Bambini di cui non si sa se siano ancora vivi, dati in adozione, oppure morti. Un fenomeno di dimensioni abnormi" considerando anche che solo "360 di quei ventimila bambini sarebbero stati 'rimpatriati'. Anche qui non è dato sapere come, dove e quando. Comunque, sarebbero pochissimi".

 

 

Ecco, conclude Mieli, "la storia di quei ventimila bambini - a parte l’impegno del cardinal Zuppi il quale però non dà l’impressione di sentirsi reduce da un’impresa culminata con un indiscutibile successo – non genera alcuna apprensione né emozione nel mondo pacifista. E se qualcuno come noi ha ancora l’occasione di occuparsene, il merito va per intero a Zelensky e quanti assieme a lui il 24 febbraio del 2022, anziché arrendersi e scappare", hanno opposto "resistenza all’aggressione. E ancora resistono".