Il caso
Patrizia Reggiani, spariti soldi e quote: così hanno "spolpato" la vedova Gucci
A Milano è attualmente in corso un procedimento penale che sta passando sottotraccia nei confronti degli ex gestori dell’immenso patrimonio di Patrizia Reggiani. Fra gli imputati eccellenti accusati di aver “spolpato” la vedova dello stilista fiorentino Maurizio Gucci da lei fatto assassinare nel 1995, vi è infatti l’attuale numero uno del Coni Lombardia Marco Riva, colui che sta gestendo la partita degli impianti per le gare. Per capire come sia stato possibile per Riva ritrovarsi sul banco degli imputati con la pesante accusa di essersi approfittato dello stato di infermità mentale della vedova Gucci per sottrarle gran parte dei beni, bisogna tornare alla primavera 2021.
In quel periodo, Allegra e Alessandra Gucci, figlie ed eredi di Patrizia, avevano notato qualcosa di strano nei comportamenti della madre, sottoposta da tempo ad amministrazione di sostegno.
ANOMALIE - La donna, dopo aver scontato 19 anni di carcere in quanto riconosciuta mandante dell’omicidio del marito, tornata in libertà aveva perso tutte le amicizie ed aveva iniziato ad accompagnarsi a Loredana Canò, sua ex compagna di cella a San Vittore.
Le sorelle Gucci, consapevoli del grave stato di salute mentale della madre che, a causa di un tumore al cervello, soffriva di disturbi della personalità, in particolare avevano scoperto diverse “anomalie” nella conduzione dei suoi interessi patrimoniali da parte di alcuni personaggi che avevano iniziato a frequentare l’immensa villa alle spalle del Palazzo di Giustizia. Temendo quindi che potesse essere vittima di qualche raggiro, le sorelle Gucci si erano allora rivolte ai pm milanesi ricordandogli lo stato di “influenzabilità” della madre. Allegra ed Alessandra avevano ben presente cosa era successo a Patrizia all’epoca del delitto del loro padre ed il ruolo di “intermediaria” della cartomante Pina Auriemma con gli assassini.
REGISTRATORI NASCOSTI - Questa volta sarebbe stata Canò, promossa sua “assistente personale”, a manipolarla e raggirarla. Canò, a seguito della frequentazione carceraria, dopo il decesso di Silvana Barbieri, madre di Patrizia, trovandosi senza casa si era trasferita nella villa di quest’ultima, portandosi anche la figlia Sabrina e beneficiando di un regolare stipendio per i suoi servizi di “dama di compagnia”.
Nella realtà, aveva assunto la gestione economica e patrimoniale della casa, operando liberamente sui conti correnti e nell’amministrazione delle decine di appartamenti intestati a Patrizia e del valore di svariati milioni. L’ex compagna di cella, sospettando di essere scoperta, era arrivata a collocare nella villa numerosi registratori nascosti per ascoltare le conversazioni della Reggiani con le figlie.
L’opera di persuasione aveva così portato l’ex moglie di Maurizio Gucci ad interrompere ogni rapporto con le figlie, determinando anche la rottura con gli storici professionisti che avevano curato per anni i suoi interessi. Reggiani nominava pertanto quale unico difensore di fiducia l’avvocato milanese Daniele Pizzi, il quale, dopo la revoca del primo amministratore di sostegno, era anche diventato il gestore di tutti i suoi beni.
PATRIMONIO - Senza perdere tempo, Pizzi aveva iniziato una attività, come scrivono i giudici, di “spoliazione" in danno del patrimonio della sua assistita con intestazioni di beni, bonifici e altre operazioni finanziarie che avevano a prima vista la parvenza della legalità.
«Si realizzava così il progetto di approfittamento e di dirottamento dell’ingente patrimonio della Reggiani, concretizzatosi con una serie di aperture di conti, di parcelle e bonifici del tutto ingiustificati in favore dell’amministratore di sostegno Pizzi, della Canò e degli altri soggetti coinvolti, con la costituzione della fondazione Fernando e Silvana Reggiani divenuta proprietaria dei 91 appartamenti in Milano per qualche centinaio di milioni e del tutto sottratta al controllo della Reggiani», scrive la procuratrice aggiunta di Milano Tiziana Siciliano che ha coordinato le indagini.
Ed ecco fare la sua comparsa in questa triste storia il presidente del Coni Lombardia. Pizzi, per cercare come detto di “prosciugare” il prima possibile il patrimonio di Patrizia Reggiani, decideva di fargli stipulare una polizza vita per un maxi importo di quasi 7 milioni di euro, un terzo dei quali erano destinati proprio a Riva, suo compagno di università e testimone di nozze, prestatosi, come scrivonoi pm, a «figurare amministratore solo formale di una società erogatrice di pagamenti controversi».
Pizzi prima della scorsa estate si è sfilato dal processo, patteggiando due anni di reclusione, pena sospesa, per peculato. La posizione di Riva è invece ora al vaglio della giudice Anna Magelli che ha fissato l’udienza per il rinvio a giudizio per il prossimo 24 gennaio. Le sorelle Gucci si sono nel frattempo costituite parte civile. Riva, al momento, ha “transato” con il primo amministratore di sostegno, restituendo gli emolumenti percepiti tramite Pizzi e alleggerendo così la sua posizione giudiziaria. In caso di rinvio a giudizio, però, si porrà inevitabilmente il problema di opportunità, grande come una casa, riguardo la prosecuzione del suo incarico di presidente del Coni Lombardia e della conseguente gestione delle attività propedeutiche per le Olimpiadi invernali del 2026. Olimpiadi per le quali il governo ha già stanziato circa tre miliardi di euro.