Hoara Borselli: scrivo di Elodie, mi massacrano per i miei nudi? Che tristezza
Oh Santocielo! Dicono che non posso scrivere articoli sul nudo di donna perché da ragazza mi sono spogliata! Nella mia vita ne ho ricevute tante di critiche, e ho subito parecchi lanci di veleno. Sono mitridatizzata, tranquilli. Sorrido. Ma, francamente, una polemica così cretina non mi era mai capitata. Riassumo la questione.
Ieri ho scritto su Libero un articolo, credo molto gentile, per dire ad Elodie che secondo me spogliarsi è un gesto bello e legittimo, se è un atto di gioia, ma non è di per se stesso una prova di libertà. E soprattutto non è un atto di libertà se serve alla promozione di un disco. La libertà, scrivevo, viene dalla testa. Si può essere liberi con le tette di fuori ma anche col cappotto. Così come si può non essere liberi anche se ci si fa fotografare, per vendere di più una certa merce, coperta solo dai propri capelli. Puoi farlo, penso io, niente da ridire. Solo non dirmi che il tuo è un gesto di libertà, come è stato da Elodie, in varie occasioni, affermato. È un gesto commerciale, legittimissimo, intelligente, forse, ma di diverso valore.
COLLEGHI FURIOSI
Non so se ho ragione. Credo di sì, ma ogni discussione è possibile. E invece la mattina dopo mi trovo una piccola schiera di colleghi, furiosi, che per dimostrare la mia clamorosa incoerenza pubblicano delle mie fotografie da ragazza - parliamo di una trentina di anni fa- nelle quale apparivo seminuda.
Scusate, ma che polemica è? Chiedo: chi ha deciso (forse per farsi un po’ di pubblicità) di sfruttare il mio corpo pubblicando le foto che feci, da ragazza, lo ha letto l’articolo col quale polemizza? Chiaramente non lo ha letto. Anche perché l’articolo finiva con queste parole chiarissime, inequivocabili: «Spogliati, Elodie, spogliati quanto vuoi, ma non farci la morale». Potevo essere più chiara? Non mi sono mai sognata di contestare la “nudità” contesto la ideologizzazione, la presunta alta moralità del gesto, il valore di messaggio moderno. Io non ci credo. Un nudo è un nudo, è un nudo, direbbe Gertrude Stein. Lei lo diceva della rosa, ma non c’è nessuna differenza.
CRESCENTE SFIDUCIA
Vi ho raccontato queste cose per una ragione molto semplice. Segnalarvi la mia crescente sfiducia in un bel pezzo del mondo del giornalismo. Purtroppo esiste una fetta molto grande ed influente del giornalismo italiano che funziona così. Parla, scrive, critica, sempre a vanvera, senza sapere, senza aver letto. Se a loro piace lavorare in questo modo, vadano avanti per la loro strada. Io continuo per la mia. Provo a ragionare, a vivere la vita senza parapetti, se mi va mi spoglio, sennò resto vestita. E in nessun caso pretendo che il mio star nuda o no, o che il mio corpo, si possano trasformare in un testo filosofico o in una prova di coraggio, o in una dote. Volete pubblicare le mie foto senza vestiti di quando era ragazzina? Fate pure, ognuno gode come può.