situazione degenerata
Matteo Messina Denaro in coma irreversibile: al capezzale nipote e figlia
Le condizioni di Matteo Messina Denaro sono peggiorate. Malato terminale di tumore al colon, il boss mafioso è ora in coma irreversibile. Nella giornata di venerdì 22 settembre Messina Denaro ha avuto un grave sanguinamento prima di essere colpito da un collasso che ha compromesso i parametri vitali. Il 61enne nel testamento biologico avrebbe manifestato la volontà di non subire l'accanimento terapeutico con l'utilizzo delle macchine per essere tenuto in vita. Per questo anche con l'assenso della famiglia da alcune settimane è stato sottoposto alla terapia del dolore con la interruzione della chemioterapia e con il paziente che è passato in carico al reparto di rianimazione competente nella terapia del dolore, diretto dal professore Franco Marinangeli, e non più all'equipe oncologica diretta dal professor Luciano Mutti.
Al capezzale la nipote e legale Lorenza Guttadauria e la giovane figlia Lorenza, riconosciuta recentemente e incontrata per la prima volta nel carcere di massima sicurezza dell'Aquila nello scorso mese di aprile. Il capomafia è stato richiuso, in regime di 41 bis, nell'istituto di pena del capoluogo regionale il 17 gennaio scorso, il giorno dopo l'arresto a Palermo. Dall'8 agosto scorso è ricoverato all'ospedale San Salvatore dell'Aquila dove era arrivato dal carcere per un intervento chirurgico per una occlusione intestinale: per qualche settimana è stato degente nel reparto di rianimazione, poi nonostante le sue proteste e quelle dei familiari, è stato trasferito nella cella del reparto per detenuti e guardato a vista della forze dell'ordine tra ingenti misure di sicurezza sia dentro sia fuori la struttura sanitaria.
Nelle ultime settimane le condizioni si sono aggravate e i medici e le istituzioni preposte hanno deciso la permanenza in ospedale. I suoi legali avevano minacciato la presentazione di una istanza di scarcerazione perché lo stato di salute non era compatibile con la permanenza in carcere dove nei primi mesi di carcerazione era stato curato con la somministrazione della chemioterapia nell'ambulatorio ricavato ad hoc in una stanza difronte alla sua cella. Per una sola volta era stato trasferito al San Salvatore per effettuare degli esami.