Dopo il caos al Maxxi
Vittorio Sgarbi "non merita la gogna, chi è davvero": la lettera della fidanzata
Caro direttore, leggo con stupore e nello stesso tempo con fastidio il tiepido e incerto pezzo di Luca Beatrice. Dal critico d’arte e saggista che ha persino pubblicato un libro dal titolo Sex: Erotismi nell’arte da Courbet a YouPorn, mi aspettavo un punto di vista originale e spiazzante, ma posso capire che la difesa di Vittorio Sgarbi potrebbe diventare pericolosa. E così anche Luca Beatrice, con il suo tentennante e per nulla convincente articolo, entra a far parte del gruppo triste che si raccoglie solerte per godersi lo spettacolo della gogna pensando di conquistare una ricompensa, abbandonando “l’amico Sgarbi al quale voglio veramente bene” al solito ruolo che Vittorio ricopre da anni, e cioè quello di eroe solitario e vittima solitaria di tutti i conformisti e i puritani che vorrebbero bandirlo.
Beatrice accenna timidamente a qualcosa di laicamente sacro (il museo Maxxi), dimenticando quanto Sgarbi si sia speso per difendere lo spirito dei luoghi che il tempo ha reso sacri, poiché ci ha sempre insegnato che il bene più prezioso - e proprio per un luogo - sia l’integrità, il suo essere stato quello che è stato. E, nella contemporaneità, soprattutto il luogo delle provocazioni. Dieci giorni fa eravamo tutti al Maxxi, il regno dell’arte contemporanea, a festeggiare l’inizio dell’estate, con tanti giovani che hanno ascoltato una conversazione intelligente su Carlo Michelstaedter e Giacomo Leopardi e l’hanno apprezzata almeno quanto i muri storti del Maxxi, “imperfetti” per appenderci dei quadri, ma perfettissimi per ogni conversazione non scontata, non imbalsamata, giocosa, irriverente, divertente, libera dalle protesi ortopediche del politicamente corretto, insomma “storta” e “imperfetta” come i muri del Maxxi. Sgarbi rappresenta, paradossalmente, sempre sé stesso: ironico e a tratti autolesionista. L’arte è anche rottura e provocazione, uso libero del linguaggio nel tempo della riproducibilità dell’opera d’arte e Vittorio si è presentato come un’opera d’arte e si è commentato come altro da sé. Dal ventre alla parola e la parola questa volta è stata veramente penetrante.
* * * Niente affatto, cara Sabrina Colle, Vittorio Sgarbi non si abbandona ma si critica, esattamente come lui fa con gli altri senza risparmiare nessuno. E credo che egli peraltro sia in grado di difendere in persona le proprie posizioni. Non mi trova d’accordo la sua replica soprattutto per il ridondante dannunzianesimo: Sgarbi non è opera d’arte, ma storico e critico dell’arte, non è altro da sé ma sempre se stesso e se sbrocca gli va detto e gli va scritto. Chi si proclama conservatore, peraltro, sente il bisogno di maggior serietà e sobrietà nei comportamenti e nelle parole.