Inconsolabile

Travaglio bullizza Berlusconi anche da morto: "Nano estinto"

Hoara Borselli

Nell’antichità, ma ancora fino al secolo scorso, in alcune regioni d’Italia il lutto durava 12 mesi. Non sappiamo quanto durerà per Travaglio. Sappiamo di certo che il nostro si comporta come una vedova inconsolabile. Vedova di Berlusconi, intendo. Da quando il fondatore di Forza Italia è morto, Travaglio è disperato. Tutti i giorni parla di lui. Non riesce a farsi una ragione del fatto che non ci sia più chi per trent’anni gli ha dato il pane, il companatico e una buona ragione per esistere. Però il lutto, per Travaglio, come tutte le cose di Travaglio, si esprime in un modo un po’ volgare. Lui lo esprime come in vita espresse la sua ossessione per Berlusconi. Con odio, rancore, rabbia.

Ieri, nell’editoriale del Fatto, uno dei giornaloni della sinistra, lo ha definito il «nano- estinto». Vedete, in politica ci sono molti modi per portare le polemiche al diapason. E bisogna dire che spesso sia a destra che a sinistra le polemiche vengono portate al diapason. Però l’insulto su una tua caratteristica fisica non ricordo essere mai stato usato. Una volta se la presero con la gobba di Andreotti, ma fu usata solo nella satira e in modo bonario.

 

 

 

FALLO DI REAZIONE - Travaglio invece definisce Berlusconi, pochi giorni dopo la sua morte, il «nano- estinto». Naturalmente si possono fare moltissimi ragionamenti di tipo psicoanalitico, o di tipo politico. Poi però bisogna fare anche una riflessione sul piano morale e pedagogico. Il campo psicoanalitico non è il mio. Ci sono tanti scienziati che su questo argomento potrebbero dire molte cose.

Sul piano politico la cosa mi sembra tutto molto più chiara. Per usare un termine calcistico, si tratta di un chiarissimo “fallo di frustrazione” (i telecronisti lo chiamano così): è quello che fanno i calciatori della squadra che sta perdendo e che non riescono a imbastire un’azione decente per rimontare, e vedono che l’avversario è troppo superiore, e allora commettono un fallo non per una ragione di gioco ma solo per smaltire la rabbia.

Travaglio in questa fase della politica italiana deve sentirsi parecchio frustrato. Chiunque passa gli tira un ceffone. Non deve essere stato un colpo facile da incassare quella condanna a un anno e tre mesi di prigione rimediati dal suo intellettuale di riferimento, la sua musa: Piercamillo. Su questo piano, credo, va capito e giustificato. 

 

 

 

Poi c’è quella che, per usare una vecchia terminologia, chiamo “la questione morale”. Definire «nano-estinto» uno dei più grandi statisti italiani del Novecento e di questo inizio secolo (sicuramente il più grande di questo inizio secolo) è un puro e semplice atto di bullismo. Particolarmente volgare perché esercitato nei confronti di una persona che non c’è più. E verso la quale, evidentemente, si soffre di un complesso di inferiorità intellettuale e morale.

Però io mi chiedo: ma noi che scriviamo sui giornali dobbiamo o no sentire una qualche responsabilità nei confronti dell’opinione pubblica che formiamo? E allora, mi chiedo di nuovo, come possiamo permetterci, se facciamo passare sotto silenzio il bullismo di un grande giornale, di rimproverare poi il bullo a scuola? Quello ci dirà: e allora Travaglio? Lo so, la mia domanda cadrà nel vuoto. Vorrei solo dirvi che, per il mio modo di giudicare le cose, in tutta questa vicenda un nano c’è. Un “nano morale”, dico. Indovinate chi?