Il racconto
Orio Giorgio Stirpe, la rivelazione: "I russi in Italia? Il Covid era una scusa"
“Dalla Russia con amore”: subire questo affronto è stato purtroppo l’ultimo atto della mia carriera militare». Colonnello della riserva, Orio Giorgio Stirpe giovedì è stato relatore al convegno “Dezinformacija e misure attive: Le narrazioni strategiche filo-Cremlino in Italia sulla guerra in Ucraina”, organizzato dall’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici.
Il suo intervento era su “Attacco alla Verità - costruzione di una narrazione alternativa del conflitto armato in Ucraina”. Ma a un certo punto si è trovato a dare una testimonianza diretta sulla missione che il 22 marzo 2020 in piena pandemia portò all’aeroporto di Pratica di Mare 104 militari russi.
Nel corso del convegno un altro relatore, il giornalista Aldo Torchiaro, ha testimoniato che l’allora ministro Roberto Speranza gli aveva testimoniato di essere stato completamente scavalcato per quella operazione e di averla subita. Come pure il collega alla Difesa. Secondo Speranza, gli accordi sarebbero stati presi direttamente con i russi da Conte, e da lui imposti. Le risulta?
«Nella mia ultima assegnazione, sono stato per 12 anni a fare analisi operativa presso il Comando Nato Nrdc Italy di Solbiate Olona. Ovviamente, per quel che riguarda la parte politica, non so esattamente come sono andate le cose. So solo che dal punto di vista militare noi ci siamo sentiti dire all’improvviso: “Stanno arrivando i russi, bisogna fare sicurezza”. Il comando militare di Milano è stato incaricato di seguire la cosa, e a noi che appunto facevamo analisi militare è stato chiesto di fornire interpreti, per fare da ufficiali di collegamento e anche per aiutare a sorvegliare il personale russo che era arrivato in Italia. Naturalmente c’erano anche i Servizi sia italiani che della Nato, che hanno fornito informazioni a loro volta. Alla fine è venuto fuori che in tutto il contingente russo c’erano soltanto due medici».
Due medici su 104 persone!?
«Sì. Tutto il resto era personale militare. Difficile stabilire esattamente quale fosse la proporzione di agenti dei Servizi russi, però chiaramente era piuttosto pesante. Il grosso era costituito da un battaglione di Nbc. Soldati addestrati alla bonifica biologica, chimica e radiologica. E in questo erano bravi. Non c’entrava praticamente niente con quelle erano le nostre esigenze, però quando ci siamo resi conto di quelle che erano le loro effettive capacità li abbiamo messi a bonificare le case di riposo della provincia di Bergamo. In questo sono stati utili: per andare in giro a spruzzare disinfettante all’interno delle Rsa. Avevamo anche dei problemi perché questi russi, molto amichevoli nel loro atteggiamento, avrebbero preferito non operare nella provincia di Bergamo, ma in quella di Brescia. Dove, guarda caso, ha sede la base aerea di Ghedi, dove stanno i nostri Tornado con capacità nucleare».
Due medici e quattro infermieri, è stato detto...
«Degli infermieri non conosco esattamente il numero, ma probabilmente erano in quattro o cinque, in sostegno ai medici che erano due. Ed erano essenzialmente i medici del contingente russo. Per i soldati russi. Non per noi».
Quindi non hanno mandato un contingente di medici. Hanno mandato un normale contingente con i soli medici che normalmente stanno al seguito di ogni contingente.
«Esatto. Quindi in sostanza la collaborazione era esclusivamente la bonifica biologica. Che eravamo perfettamente in grado di fare da soli».
In pratica, hanno mandato i bonificatori di Chernobyl a bonificare le residenze per anziani di Bergamo.
«Praticamente sì. Tra l’altro, mi risulta pure che il carburante degli aerei che hanno trasportato il contingente lo abbiamo anche pagato noi. Quindi alla fine della fiera la missione russa la abbiamo pagata noi, è costata soldi italiani, ha sottratto risorse militari che potevano essere dedicate al sostegno della popolazione, perché l’esercito è stato coinvolto pesantemente, soprattutto in Lombardia. Perché abbiamo dovuto tenere d’occhio questi militari russi che andavano in giro sul territorio italiano».
Ci sono tre possibili scopi in questa operazione. Uno: propagandistico. Due: spionaggio. Tre: raccogliere il materiale con cui poi è stato fatto il vaccino Sputnik. Sembra però di capire che due medici soli erano insufficienti per quest’ultimo obiettivo.
«La raccolta di dati sui vaccini sicuramente l’hanno fatta in altro modo. L’aspetto propagandistico era evidente, era lo stesso periodo in cui era venuta fuori la notizia sul web che Putin ci aveva mandato gli aiuti col più grande aereo del mondo. E c’era anche la fotografia dell’aereo: l’Antonov ucraino che è stato distrutto nella base di Hostomel durante l’invasione. Dicevano tranquillamente che quello era un aereo russo, benchè fosse colorato di giallo e azzurro, con i colori dell’Ucraina. Sono andati avanti per settimane a ripetere questa bufala».
E l’interesse da parte italiano di chi lo ha fatto venire qual era?
«Non è una domanda da rivolgere a me. Era comunque il mio governo e noi in quanto soldati ubbidiamo alle direttive del governo. Anche se non siamo d’accordo».