La dritta
Giorgia Meloni resti se stessa: non serve imitare i politicanti
È derby ma non si gioca a San Siro o all'Olimpico, una sfida tutta politica che ha come palcoscenico Palazzo Chigi. Giorgia Meloni, alla guida del governo da due mesi, appare oggi come un Giano bifronte: da una parte guarda al passato delle promesse elettorali (per mantenerle), dall'altro al futuro facendo i conti con la real politik istituzionale. Questa doppia dimensione è destinata, nell'arco del 2023, a finire. Ne rimarrà solo una. La domanda è chi prevarrà? Giorgia o la Meloni? Giorgia è «una donna, una madre e una cristiana» che gli italiani hanno votato in massa. La Meloni è quel Presidente del Consiglio che vorrebbe l'establishment. Corteggiata, lusingata e talvolta bacchettata dalla grande stampa che punta a trasformare il nuovo premier nel... vecchio. Una specie di Draghi in gonnella. Obiettivo fare a fare a lei (con i suoi voti in parte euroscettici) quello che non è riuscito a fare lui e prima di lui tutti i governi europeisti di sinistra.
Qualche esempio: Giorgia voleva un limite al Pos? Critiche perché non è una cosa politicamente corretta ma poi il governo ha fatto un passo indietro. Applausi. Il tetto al contante alzato? Rimproveri. Non si deve diffidare della Bce e delle banche. L'esecutivo sostiene a spada tratta l'Ucraina in guerra. Applausi perché siamo perfettamente in linea con Washington e Bruxelles. Sull'immigrazione la pretesa di difendere i confini e limitare le Ong non è molto chic e anche le polemiche con la Francia che fa ingerenza nella politica italiana non sono eleganti. Brusii. Premier rivedibile sui vaccini perché ha detto, a chiare lettere, che non ci saranno più lockdown e limitazioni alle libertà. Ma la stampa ha "deciso" che il cambio di rotta è solo a parole perché «la linea Schillaci è uguale a quella di Speranza» con la triade mascherine, vaccini e no assembramenti. Silenzio in sala. Sul tema della spesa pubblica apprezzata dai giornali mainstream la scelta del governo di togliere gli sconti sulla benzina perché «l'era degli alibi è finita, dei capri espiatori delle colpe date ad altri. Inizia quello delle responsabilità».
La Meloni deve essere responsabile e «indirizzare i sostegni dove servono di più» secondo i "consigli" di Bruxelles. La Meloni deve fare, insomma, quello che non è riuscito a fare il campione della stampa nazionale e internazionale, Draghi. Dalla riforma del fisco a quella delle pensioni a partire dalla prossima manovra. Peccato che tutto ciò che piace ai grandi giornali non piace agli italiani che poi sono in gran parte gli elettori di Giorgia. Loro diffidano delle banche, rifiutano le restrizioni insensate sul Covid, dubitano dei benefici che porta l'Europa e sono contro la guerra. Con la fine della luna di miele per il premier incomincia la partita interna a Palazzo Chigi. Chi prevarrà? La Meloni "istituzionalizzata" o la Giorgia che hanno votato gli italiani? Una sfida da cui dipende il nostro futuro. Nota di cronaca. Il quaderno su cui prende i suoi appunti il premier si chiama "l'agenda di Giorgia".