sinistra muta
Crosetto, i pacifisti vogliono menare? Il solito vizietto rosso
Arriva la sera e ti prende un colpo davanti alla tv. Una specie di nonnetto rosso che manifesta in piazza, vede il microfono di Quarta Repubblica di Nicola Porro e non gli pare vero di poterlo raccontare ai nipotini: «Se la violenza colpirà Crosetto non mi strapperò i capelli». Ma è una pazzia, è istigazione a delinquere, è odio. È qualcosa che non ti aspetti più. Sì, ogni tanto c'è qualcuno che ti racconta ciò che avviene nelle varie città, ma ascoltare direttamente frasi del genere provoca rabbia. In questa Italia dove la sinistra mastica amaro, ti accorgi che nervi e viscere delle persone perbene sono nel mirino di autentici lestofanti.
Usano la guerra mossa da Putin all'Occidente per vendette di politica interna. Incitare dalla tv alla violenza contro il ministro della Difesa, e soprattutto in un momento come quello che il mondo vive, ha un suo perché. Che sta nel clima montato da chi ha perso le elezioni. E della campagna contro i "fascisti" ne fa le spese uno come Crosetto a cui certamente nessuno può affibbiare una camicia nera. (Del resto è storia di sangue anche quella dei partigiani rossi contro i partigiani bianchi, avveniva nel triangolo rosso nell'immediato dopoguerra). Che cosa voleva dire quello strambo eroe di campagna a cui la violenza contro Crosetto non farebbe strappare i capelli? Chi gli ha messo in testa una roba del genere, che fa rabbrividire? Perché se quella frase la ascolta uno ancora più pazzo di lui, arrivare alla tragedia è un attimo.
IL TWITTER
Il ministro ha risposto con eleganza, in un tweet che dice tutto: «Grazie, grazie di cuore, da parte mia e della mia famiglia, a chi semina odio solo per vendere una copia in più o per avere un voto in più, sapendo che quell'odio farà germogliare violenza». È un richiamo a darsi una calmata. Che è necessario, perché questo è il tempo in cui la mitezza è bandita, bisogna solo urlare e minacciare. La cultura del nemico. «Sei morto», ti insultano su twitter o persino infilandosi dentro whatsapp. Odiano a Bologna, quando appendono a testa in giù un manichino che voleva raffigurare Giorgia Meloni.
Odiano a Roma e in tutte quelle città dove scrivono cose indegne contro i presidenti delle Camere, Ignazio La Russa (il più bersagliato) e Lorenzo Fontana. Tutti effigiati a testa in giù, è la tradizione minacciosa di una sinistra che ha perso le elezioni e pure la trebisonda. Pretendono di decidere, i nipotini dell'esaltato che prende di petto (a distanza) Guido Crosetto, persino chi può parlare all'Università La Sapienza di Roma, per impedire un convegno dei giovani di Fdi. Per loro, il fascista da colpire assomiglia grossomodo a Daniele Capezzone. Ma ora basta, perché ci sono le colpe di chi istiga, i signori della sinistra che non tollerano di aver perso democraticamente - così è - il potere. Fine del lucro senza voti. La stanza dei bottoni è chiusa al loro ingresso, non la meritano più. Il popolo ha vietato loro l'accesso.
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IL GRILLINO CONTE
Il più aspro di tutti è Giuseppe Conte, che pure è stato presidente del Consiglio. Ieri è arrivato ad accusare Crosetto di alimentare lo scontro. Cioè, Conte strilla, chi lo segue minaccia, e va a finire che la colpa è del ministro della Difesa. E il capo pentastellato lo sfida pure: «Venga, esca fuori dal ministero, stia tra la gente a parlare. Il governo dia risposte». Per indicarlo ai suoi giustizieri? Conte straparla, il Pd sta zitto. Vergognosamente silente. Dal centrodestra al terzo polo di Calenda e Renzi è un mare di solidarietà a Crosetto, dal Nazareno stanno tutti zitti. Hanno paura dei pacifisti pacifinti pure Stefano Bonaccini ed Elly Schlein? Tacere è davvero inaccettabile, soprattutto per chi conosce il passato recente della nostra Nazione: «La violenza, anche e soprattutto verbale, chiama altra violenza. E la storia di questo Paese dovrebbe avercelo drammaticamente insegnato». Così Stefania Craxi, senatrice di Forza Italia (FI) e presidente della Commissione Affari esteri. Ed è la frase più assennata di una giornata davvero triste.