Parola al direttore
Vittorio Feltri, la lezione: "Saviano piccolo e volgare. Ma la Meloni..."
Lo scrittore Roberto Saviano è una fucina di polemiche, come ben sanno anche i nostri cari lettori. In questi giorni è in guerra addirittura con Giorgia Meloni che lui, poco gentilmente, definì bastarda. Motivo? La signora è di destra. Non gradì di essere apostrofata in questo modo volgare e querelò il piccolo scrivano napoletano. Questo succedeva anni fa quando ella non era premier.
Ma si sa che la macchina giudiziaria è assai lenta, pertanto solo adesso il tribunale affronterà il procedimento. Saviano trema consapevole che non la passerà liscia, dato che il termine bastarda non è un complimento, bensì una offesa bruciante. Egli si appella alla libertà di espressione parlata e scritta, ma dovrebbe in realtà chiedere scusa pubblicamente alla Presidente, la quale comunque ritirerà la querela perché non si è mai visto - se ben ricordo - un capo di governo trascinare alla sbarra un giornalista. E la signora è abbastanza elegante per non fare eccezione con lo sgarbato autore meridionale. Fossi in lui non esiterei a fare ammenda per accelerare il proscioglimento. Ricordandogli che se c'è uno che davanti alle critiche che spesso riceve non esita a ricorrere allo strumento legale, questo è proprio lui, un tipino che fa agli altri ciò che non vuole sia fatto nei suoi confronti.
E già che siamo in argomento vorrei rammentare alla gentile Meloni che le regole che disciplinano la diffamazione, anche a mezzo stampa, sono antiquate come il fascismo più tetro. È assurdo che un cronista, il quale offenda qualcuno, venga processato a livello penale e magari subisca una pena detentiva, come è accaduto in passato al nostro direttore Alessandro Sallusti, a cui fu inflitta la galera da cui fu poi prelevato grazie a un nobile gesto di Napolitano, quando era il padrone del Quirinale. Non voglio dire che un redattore possa impunemente diffamare, ma il massimo che gli dovrebbe accadere è di incorrere in una causa civile e non penale. Mentre il nostro ordinamento obsoleto, a differenza di quanto accade in ogni altro Paese europeo, succede il contrario. Il reo rischia sempre di finire dietro le sbarre.
Una legge così si applica nei Paesi a regime autoritario, non in una decente democrazia. Infatti se io sputtano qualcuno è naturale che meriti una sanzione, ma deve essere di tipo civile, nel senso che sia obbligato a risarcire la persona offesa in denaro, non in mesi di prigione. Noi in Italia invece ce la prendiamo con Putin, giustamente, e poi ci comportiamo come e peggio dello Zar. Se io con la macchina mi scontro colpevolmente con un'altra vettura, ovvio che paghi i danni a suon di quattrini, ma non vado certo in cella. Lo stesso bisogna che valga anche per la diffamazione: ti ho rovinato la reputazione? Il giudice stabilisca in che misura debba compensarti. Altro che carcere. Cara Meloni, rifletta su quello che ho scritto e provveda a modificare le norme vigenti che sono inique. Berlusconi, a cui spiegai la questione, mi promise di provvedere, ma non fece in tempo o non volle trovarlo. Mi deluse. Ora non mi deluda anche lei.