Ti sembra normale?
Alessandra Ghisleri, la bomba: "Cosa so, ma non rivelo", il "vizio" del politico
Pierluigi Pardo ha fatto quello che, da Bruno Vespa in giù, vorrebbero fare tutti: mettere Alessandra Ghisleri su un trono. La direttrice di Euromedia Research è la sondaggista più famosa e richiesta del momento: le sue analisi sono praticamente impeccabili, i talk show se la contendono e, adesso, pure Pardo. Il celebre telecronista sportivo l'ha infatti voluta come presenza fissa nella sua nuova avventura tv: il game Ti sembra normale?, in onda ogni sabato pomeriggio su Rai Due, prodotto dalla Direzione Intrattenimento Day Time in collaborazione con Stand by me.
Praticamente è diventata il Var di Pardo?
«Be', per certi versi sì! Il programma cerca di scoprire vizi e virtù degli italiani, attraverso dei sondaggicondotti, su tutto il territorio, in modo rigorosamente scientifico e statistico. Io sono la depositaria delle risposte».
La statistica è una scienza esatta, tuttavia tentare di capire gli italiani non resta una missione impossibile?
«In realtà la statistica fotografa solo un istante. Un conto infatti è avere quella che, un tempo, chiamavano scelta bolscevica: se tutti, all'unisono, rispondono allo stesso modo la lettura è chiara. Quando invece il campione si spacca su più possibilità, usciamo invece dal campo delle scienze esatte perché il risultato non è più assoluto, ma di tendenza».
Lei però, finora, non ha sbagliato un colpo...
«Facendo gli scongiuri... (ride, ndr)».
No, davvero: come ci riesce?
«Devo moltissimo al mio team di lavoro che, al netto dei nuovi innesti, sta con me da tanti anni. Vado molto fiera del gruppo che si è creato: oltre a essere assolutamente eterogeneo per età, provienenza geografica, sesso, orientamento politico, è formato da persone che lavorano e si impegnano con libertà di testa e di pensiero».
Anche i sondaggisti devono avere la schiena dritta?
«Quella serve, a prescindere, nella vita. Per fare il mio lavoro ci vogliono sicuramente curiosità, molto impegno, voglia di guardare oltre ma soprattutto la capacità di lasciare gli altri liberi di sapersi esprimere per imparare qualcosa anche da tesi completamente opposte alle proprie».
Di fatto lei è stata la prima sondaggista donna: è stato complicato farsi largo?
«Oggi il comparto vanta numerose ricercatrici, peraltro brave e stimate: la stessa direttrice dell'Istat è donna. Nel mio caso, scontavo un po' il fatto di essere sia donna che giovane».
Era più un problema per i colleghi o per i clienti?
«Dai colleghi ho ricevuto grande condivisione e sostegno: li devo solo ringraziare, perché mi hanno insegnato il mestiere. C'erano invece alcuni clienti che, sulle prime, mi guardavano con supponenza».
Come quando, nel 2006, aveva previsto che la vittoria della sinistra non sarebbe stata schiacciante ma sul filo di lana?
«Eh, lì c'era chi si chiedeva chi fosse questa signora che si permetteva di dire cose così fuori dal coro!».
Perché solo voi siete stati in grado di ipotizzare uno scenario che è invece sfuggito agli altri istituti?
«Applicavamo un differente sistema di analisi, di stampo americano. Semplificando, costruivamo scenari calcolando la tendenza al voto in relazione all'affluenza: al di sotto di un determinato bacino di elettori si poteva avere un certo tipo di risultato; nell'intervallo tra un'affluenza e un'altra l'esito sarebbe stato diverso, e infine lo scenario cambiava nuovamente se gli elettori superavano una certa soglia».
Nel 2018 ha dichiarato che solo il 20% del fatturato di Euromedia Research proveniva dai sondaggi politici. Ora questa percentuale è salita?
«No, anzi, è scesa! I settori trainanti sono altri, come per esempio il food, il settore farmaceutico, le banche, per citarne solo alcuni».
Ero convinta che ormai i politici vivessero a pane e sondaggi.
«Sicuramente dopo Berlusconi è uno strumento che è entrato in uso: si è capito che c'è la necessità di comprendere a fondo gli elettori, dalla Valle d'Aosta a Lampedusa. Però non tutti se ne avvalgono con frequenza: alcuni politici sono convinti di avere un sensore migliore nel carpire il Paese reale. Senza contare che bisogna poi sempre capire come le ricerche vengono usate».
In che senso?
«Un conto è capire quanto pesi politicamente, un altro comprendere perché ti votano o non ti votano. Questo è il passaggio d'analisi davvero importante, a mio avviso».
Ma quindi i politici vi amano, vi odiano o mal sopportano la vostra categoria?
«In realtà i rapporti sono buoni, anche perché noi sondaggisti siamo, mi passi l'espressione, i confessori dei politici. Conosciamo vizi e virtù di ognuno di loro, ma non li rendiamo mai pubblici».
Quindi non ha mai avuto noie?
«A volte capita di essere attaccati. In tv, per esempio, un politico mi criticò perché aveva formato un nuovo partito che noi davamo al 2%.
Secondo lui valeva l'8%».
Alla fine chi aveva ragione?
«Ha preso l'1,56%».
Posso sapere chi era questo signore?
«No, la prego! Ormai è una storia superata e lui ha cambiato lavoro».
Stando alle vostre analisi, oggi gli italiani cosa chiedono al nuovo governo?
«In primis stabilità, ossia un governo che lavori con continuità senza imprimere grandi scossoni. Desiderano che le promesse della campagna elettorale vengano mantenute, a partire dalle bollette che minano la progettualità familiare. Ecco, la mancanza di poter fare pianificazioni è uno dei problemi più sentiti: non sapere se avrai i soldi per iscrivere i figli a una certa scuola, o a un corso, o anche più banalmente quante volte poter mangiare carne a settimana».
Veniamo a lei. È vero che ha una laurea in paleontologia oceanografica?
«Confermo. Da ragazza mi sognavo sul mare a salvare gli oceani. All'epoca non c'era ancora una grande consapevolezza del problema climatico, ma intuivo che la Terra era un dono da custodire. Volevo poter contribuire, nel mio piccolo, a preservare i mari».
Era una Greta ante litteram?
«No: lei è molto più brava di me. Semmai sono stata una sondaggista dei fondali, perché come tesi ho studiato i paleofondali, per ricostruire le popolazioni marine e le loro evoluzioni».
Poi cos'è successo?
«Il percorso universitario era complesso e in salita. Quindi ho cambiato strada: ho accettato uno stage in un istituto di ricerca e mi sono innamorata di questo lavoro».
Lei non ha figli, in una società dove la donna deve essere ancora prima di tutto madre: come lo vive?
«Ho quattro nipoti quindi, per la legge della statistica, uno e mezzo è mio! Battuta a parte, il figlio è un dono enorme, ma non dà di più o di meno al genere femminile: non ci rende delle donne migliori o peggiori. Semplicemente sei madre o non lo sei. Tutto qui».
Dagospia l'ha ribattezzata «Nostra signora dei sondaggi»; un suo ex sostiene invece che sia «un'ottimista ottusa». In quale delle due definizioni si riconosce di più?
«Lo ammetto: sono davvero un'ottimista oltre ogni misura...».