Il testimone
Jet italiani "a 3 metri dai caccia russi": la rivelazione del colonnello Florio
Una minaccia continua quella sui cieli del Baltico dove i jet di Mosca sfidano la rete di difesa della Nato. Ad alzarsi in volo, scongiurando il peggio, gli Eurofighter di Salvatore Florio. È lui, colonnello e comandante della Task Force Air "White Eagle", ad affiancare gli aerei "nemici". "Alcune volte - ammette - arriviamo vicinissimo ai caccia russi. Li affianchiamo, volando a una distanza di due-tre metri. Tra piloti ci guardiamo, ma senza saluti. E non c'è assolutamente spazio per gestacci come quelli del film Top Gun. Qui siamo obbligati a una concentrazione massima, perché non si possono rischiare errori o mosse ambigue".
Il contingente italiano è schierato nella base polacca di Malbork, dove da agosto la sirena d'allarme è suonata per ben sedici volte. L'ultima, mercoledì, quando gli Eurofighter si sono alzati in volo: quattro Sukhoi 30 sono penetrati nella Fir polacca, la zona di spazio aereo di competenza nazionale. Poi hanno deviato, infilandosi in quella svedese. Ma la loro rotta puntava sull'isola danese di Bornholm, l'area in cui sono esplosi i gasdotti Nord Stream. "Una missione complessa", la definisce Florio su Repubblica: "Abbiamo raggiunto i russi in fretta: volavano in formazione, a un centinaio di metri dalle onde per cercare di sfuggire ai radar. I nostri sensori però li hanno inquadrati perfettamente". Solo quando i russi hanno invertito la rotta e sono atterrati a Kaliningrad, gli Eurofighter sono rientrati. Così come la preoccupazione.
"Da un decennio queste missioni Nato all'estero, chiamate Air Policing, sono una routine. Non serve addestramento particolare, perché abbiamo standard di preparazione alti e facciamo le stesse cose in Italia per la protezione dello spazio aereo: ai comandi di un supersonico non sono ammessi sbagli". Ora men che meno, visto che l'escalation è dietro l'angolo.