L'intervista
Giorgia Meloni, Paolo Celata la incorona: "Vi spiego la sua strategia vincente"
Paolo Celata, altro che corsa: qui le tocca un'altra maratona, per di più lunga un mese...
«Diciamo che sarà un intenso riscaldamento - mio e del pubblico - in vista delle maratone pre-elettorali» (ride).
Da stasera, infatti, il giornalista del TgLa7 Paolo Celata, nonché inviato di punta delle celebre dirette fiume di Enrico Mentana, debutta con La corsa al voto: un talk show, nuovo di zecca, nato appositamente per raccontare la campagna elettorale. Ben due gli appuntamenti a settimana su La7: lunedì e mercoledì sera, alle 21.20.
Primo ospite confermato, Matteo Renzi.
Cosa dobbiamo aspettarci?
«Vogliamo aiutare chi, da sotto l'ombrellone, vuole farsi un'idea su cosa votare il 25 settembre».
Ha detto poco...
«L'incognita però è proprio questa: quanti italiani hanno le idee chiare? Secondo i sondaggi molti, ma in realtà c'è una marea di indecisi e di persone che non vanno a votare da anni. Per non parlare dei neomaggiorenni: seguono la politica? Cosa voteranno? In studio parleremo anche di questo perché va bene definire le alleanze, ma poi bisogna capire quali sono i messaggi con cui i vari partiti porteranno dalla loro i neolaureati o i giovani».
Al momento mi pare che siano tutti concentrati sulle alleanze, o sbaglio?
«È così. I pochi slogan finora lanciati sono rivolti agli elettori più avanti nell'età: si è parlato di aumentare le pensioni o tagliare le tasse. Ci si rivolge quindi a categorie che sono già più o meno schierate: è una platea che, al massimo, puoi allargare. Invece la vera partita è andare a convincere chi non vota o la fa per la prima volta. Su questo fronte però per ora tutto tace...»
Ma secondo lei, il 25 settembre, gli italiani andranno davvero in massa a votare?
«Il rischio di un'astensione è molto alto. Le ultime amministrative ci hanno dimostrato una crescente disaffezione da parte dell'elettorato e, tra l'altro, questa è la prima volta che andiamo alle urne subito dopo l'estate. Quindi, sì: molta gente potrebbe restarsene a casa perché non vedo, da parte dei partiti, una capacità di rivolgersi a chi non ha preso parte alle ultime votazioni. All'epoca i 5 stelle ci erano riusciti...»
Cosa intende?
«Tra la fine del 2012 e l'inizio del 2013 andai a seguire, per il TgLa7, i 5 stelle e ai loro comizi c'erano tanti giovani. Indipendentemente dal messaggio, bisogna quindi riconoscere a Grillo e a Casaleggio la capacità di aver intercettato un desiderio di fare politica che gli altri partiti non avevano colto. Ora però quel voto dove andrà? Si è disperso?».
Nel suo discorso finale, Draghi ha rivendicato di essere lì per volere del popolo. Era così?
«Onestamente trovo che gli appelli all'insegna del "il popolo ci chiede di..." siano sempre un punto debole del ragionamento. Vale per tutti gli oratori, Draghi compreso. Che poi, chiariamo una cosa: gli italiani voteranno il parlamento, non il presidente del Consiglio. Quest' ultimo viene scelto solo dal parlamento. Quindi la frase di Draghi non era costituzionalmente corretta».
È stata una mossa giusta andare a elezioni?
«Ho posto questo stesso interrogativo ad alcuni ministri, subito dopo il consiglio che sanciva la crisi, e onestamente non ho trovato una risposta convincente. Credo che sia stata una crisi al buio per tutti i partiti anche se, ovviamente, c'è chi è arrivato più pronto, come la Meloni che - legittimamente - non aspettava altro».
Sarà lei la principale protagonista del dibattito elettorale?
«Sì, anche se sta centellinando le proprie dichiarazioni e le apparizioni video: credo sia una strategia, peraltro giusta. Probabilmente vuole evitare di cadere nella sovraesposizione preferendo delle uscite mirate: speriamo che "colpisca" noi di La7! Faremo di tutto per averla in studio a La corsa al voto».
La sinistra la sta buttando sull'allarme pericolo fascista: basterà a spostare i voti?
«Temo di no. Servono idee e proposte, che ancora non sono arrivate, ma forse è solo questione di tempo: ho l'impressione che la sinistra sia in una fase addirittura di pre-riscaldamento. Non sono nessuno per dare consigli ma, fossi in loro, farei come a Verona dove era riuscita a trovare una quadra: certo, il passo falso del centrodestra che si era diviso aveva fatto loro gioco, ma c'era un progetto di città che funzionava. Ora si tratta di trovare un "progetto città - Paese"che funzioni».
Secondo la "Stampa", ci sarebbe lo spettro di Putin dietro la crisi di governo: siamo nella fanta-politica o è plausibile?
«Il capo dei servizi segreti ha smentito un coinvolgimento dell'agenzia: la notizia non viene da loro. Però non ha smentito fino in fondo tutta la vicenda: ha parlato solo per quel che riguarda i servizi segreti. Credo quindi che politicamente uno dei temi della campagna possa essere proprio questo, ossia il posizionamento dell'Italia che andrà a governare».
Su quali altri punti si giocherà la partita?
«Il lavoro e l'ambiente, che sono sempre più connessi. Prenda l'allarme inquinamento del mare romagnolo».
Alla fine di questa lunga corsa al voto, ce la faremo a costituire un governo in grado di reggere?
«Ogni volta è un'incognita perché iniziano immancabilmente a litigare. Stando ai sondaggi, c'è chi è in vantaggio è in grado, sulla carta, di incassare una forte maggioranza. Dire però se questa terrà sicuramente nel tempo... Mah! Tra l'altro le parla uno che, da giovane, era convinto che il passaggio dal sistema proporzionale al maggioritario avrebbe portato stabilità. Ha visto quello che poi è successo? (ride, ndr)».
I talk finiscono sempre per risolversi in liti e polemiche. Come arginerete tale rischio?
«La discussione è sempre utile, la rissa mai. Il mio mandato è proprio quello di essere chiaro traducendo il politichese in italiano».
Sembra una grossa sfida.
«Infatti mica sarò da solo. Con me ci saranno anche Alessandro De Angelis e, in veste di ospite fissa, Silvia Sciorilli Borrelli».
Lei nasce come giornalista sportivo. Non le manca mai il più rilassato mondo del calcio?
«Guardi che parlare di politica e di calcio è la stessa cosa».
In che senso?
«Le modalità sono simili. Prima dell'evento c'è l'intervista al leader di turno che ti dice e non ti dice la formazione che schiererà in campo. Poi, dopo l'evento, è il turno della discussione da bar. Ci faccia caso. Basta che in un gruppetto dici "era rigore", scatta subito la discussione, anche se non hai specificato il nome della squadra in questione. Allo stesso modo, oggi, se dici "è stata colpa di Draghi" scateni il panico!».