L'intervista

Nicola Porro sulla crisi di governo: "Il ricatto che ha strozzato Mario Draghi"

Francesco Specchia

Viva l'Italia (dove la situazione è grave ma non è seria). Rendendolo po' Forum Ambrosetti delle Murge, un po' Festival dell'economia del Tavoliere, Nicola Porro sta via via trasformando il suo La Ripartenza nel ponte dell'arcobaleno del Paese oltre la crisi. L'ambizione è alta. Specie quando rischia d'esser sommersa da carovita, guerra, inflazione, e dalla follia di Conte e altre amenità del genere.

Caro Nicola Porro, fossi in te, dato il contesto, oggi io eviterei come la peste l'idea di un "osservatorio economico" di stampo liberale. A Bari, poi, mica a Milano...
«E perché mai? Mi inorgoglisco nell'organizzare questo weekend di dibattiti e approfondimenti al Teatro Petruzzelli bruciato e rinato, luogo simbolo della ripartenza. E sono fieramente pugliese, la mia è una famiglia di imprenditori agricoli tra Andria, Barletta, Canosa; è credo che Bari sia davvero la Milano del sud, qui ho trovato professionisti iperattivi, dal sindaco Antonio De Caro al sovrintendente del teatro Massimo Biscardi».

Ma di festival economici sulla scia del green deal, con tanto di espertoni sostenibili ed ecocompatibili, non ce ne sono troppi? Non ti sei lasciato prendere la mano dalla moda fighetta dell'economia prêt-à-porter?
«No. Quando sento parole come "sostenibilità, resilienza, inclusività", mi viene l'itterizia. Io qui faccio le cose vere: prendo i rappresentanti delle infrastrutture di questo Paese, dalla banda larga di Openfiber al ferro delle Ferrovie, dalla rete elettrica all'infrastruttura nostra per eccellenza, il mare (per esempio ci saranno i Grimaldi, maestri dello shipping: caricano sulle grandi navi i camion e li trasportano via mare dappertutto)...».


Va bene...
«Prendo costoro e li faccio incontrare con le rinomate aziende - la Rummo, quella della pasta - che fanno delle domande e pretendono delle risposte. Ci saranno storie italiane come quella della Moncler, o di Roberta Benaglia che compra marchi di lusso all'estero...».

Ok, Nicola, non occorre che mi snoccioli il tuo parterre. Hai tra gli ospiti il ministro della Transizione Ecologica Cingolani. Gli chiederai come fa a rimanere così ottimista sugli stoccaggi del gas mentre le bollette energetiche potrebbero aumentare anche del 300%?
«Certo. A Cingolani farò le domande che mi rodono dentro: "Fino a quando dovremo dipendere dal gas russo?", "Perché devo rinunciare al motore endotermico delle mia auto per favorire l'industria cinese delle batterie al litio?". E qui ti faccio notare che il New York Times registra il sorpasso sulla Tesla nel mercato dell'elettrica, da un'azienda cinese. E noi europei abbiamo tuttora i motori meno inquinanti».

Carovita, spirale prezzi-salari, inflazione all'8% guerra e carestia. Le proiezioni dicono che dopo le ferie gli italiani vivranno un autunno non caldo, ma al napalm. Quante volte l'abbiamo sentito?
«L'autunno caldo è già in atto, anche se siamo in estate. Se l'inflazione su base annua tocca l'8% significa che il nostro potere d'acquisto è già calato del 10%. E col debito pubblico al 160%, la faccenda diventa seria. Il problema è che mettere le toppe non basta più. Altro che 10 miliardi del decreto Aiuti. Urge un intervento strutturale, che il governo non fa».


Be', Draghi ci ha provato.
«Draghi è una spanna sopra tutti, se avesse avuto la certezza di un orizzonte sicuro di governo da qui a cinque anni avrebbe fatto mirabilie: ma è stato strozzato dai ricatti dei partiti. È avere Maradona e farlo giocare in porta, magari qualcosa riesce a parare, ma...»

Be', Draghi ha avuto buone idee come imporre il tetto del prezzo del gas alla prepotenza della Russia e alla speculazione della Norvegia...
«Il tetto del gas è come il prezzo del pane imposto nei Promessi sposi. Nel libero mercato è impossibile attuare: è l'abc dell'economia. Si può fare un'altra cosa: si stabilisce che gli Stati non possano pagare oltre - per esempio - i 100 euro al metrocubo del prezzo imposto dalla Norvegia, e tutto ciò che sfora la cifra può venire erogato da un finanziamento, un fondo apposito, un Recovery dell'energia. Ma se imponiamo un prezzo alla Norvegia quella se ne fotte e vende ad altri».

Però, a leggere bene i dati, il Pil italiano al +3% non è oltre ogni rosea aspettativa?
«Gli effetti del Pil sono a lungo rilascio, si vedono nel tempo. I famosi lag temporali».

Tra i temi da imporre nell'agenda del governo tornano prepotenti la lotta alla precarietà, il taglio del cuneo fiscale. Solo slogan?
«Lotta al precariato e salario minimo sono una puttanata. Il taglio al cuneo fiscale sarebbe da fare, ma ci sono i soldi? Meglio la vecchia proposta di Sacconi: tutti gli aumenti di salario dovrebbero essere completamente detassati, dovrebbe esserci tutto netto in busta paga».

Hai citato il salario minimo. Lo vedono male sia i sindacati sia Confindustria che ritiene "scassi i contratti". Hanno ragione?
«Sì, entrambi. Noi abbiamo la contrattazione collettiva migliore del mondo: una grande conquista che verrebbe smontata. Lo sai perché oggi tutti i principali aeroporti d'Europa sono bloccati? Perché mentre gli altri, in tempo di crisi da Covid, liquidavano i dipendenti sguarnendo i loro organici, in Italia la cassa integrazione per la prima volta è stata usata con lo scopo per cui era nata: fornire un aiuto temporaneo».

I talk show italiani s' intasano di dibattiti tra filoPutin e antiPutin: un show stucchevole, spesso attraversato da propaganda, dice il Copasir.
«Il Copasir dovrebbe occuparsi dei servizi segreti. Questa cosa togliere la parola ai filoputiniani che anche mentano spudoratamente mi fa incazzare. Lo dico da liberale...»

Perché sei compassato in tv, sembri lord Brummell; mentre sul web e nei tuoi social come La zuppa di Porro, usi la clava e pesti come un grillino qualsiasi?
«So perfettamente che se vado a un matrimonio devo mettermi il tight, in tv la cravatta, e al mare i pantaloncini corti. Ma ti sfido a smentire che le mie idee siano sempre le stesse. Solo che le declino diversamente, a seconda del mezzo».

È vero che hai rinunciato alla direzione del Giornale perché ti diverti molto qui e, soprattutto, così, guadagni molto di più?
«Sto pensando ad una risposta non ipocrita. Ma è vero: non ne ho accettato la direzione (anche se una direzione si accetta sempre) sia perché con la tv e la mia zuppa di Porro che ho costruito faticosamente da anni, mi diverto di più. E sì, ci faccio un sacco di soldi, perché vergognarsene? Ma scrivilo con tatto, per favore». Con tatto...