Il ritratto
Shinzo Abe assassinato? Quello sgarbo a Pechino: cosa nasconde il suo passato
In Giappone tutto è impermanente, a cominciare dalla terra sotto i piedi, ma nulla accade per caso. Il successo di Abe non fa eccezione. Considerato il primo ministro giapponese più importante e influente del dopoguerra Shinzo nasceva in una famiglia di politici di lunga tradizione e il suo destino sembrava già segnato quando all'università decise di iscriversi a Scienze Politiche. Una scelta naturale dato che il nonno materno Nobusuke Kishi era tra i fondatori del Partito Liberal Democratico e tra il 1957 e il 1960 aveva guidato il Giappone nei primi anni del boom economico. Kishi aveva peraltro spianato la strada al genero Shintaro, padre di Shinzo che ai tempi faceva il giornalista al Mainichi Shimbun. In appena un paio d'anni Shintaro era già in Parlamento, fino poi ad arrivare a ricoprire la carica di capo segretario di gabinetto, considerata la seconda posizione più importante del Paese, quindi ministro dell'Industria e infine ministro degli Esteri. Il figlio Shinzo, che gli somigliava fisicamente come una goccia d'acqua, entrava in Parlamento nel 1993, sempre nelle file dei liberali, due anni dopo la morte del padre avvenuta alla stessa età, 67 anni. Nel 1999 era Direttore della Divisione Affari Sociali, poi vice segretario capo di gabinetto nei governi Mori e Koizumi (dal 2000 al 2003), quindi nel 2006 segretario generale del Partito liberaldemocratico, che in Giappone è in pratica una condizione sine qua non per diventare Primo Ministro. Cosa che effettivamente avvenne lo stesso anno per la prima volta all'età di 52 anni, il premier più giovane dai tempi di Fumimaro Konoe, morto suicida alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
DAGLI SCANDALI ALLE "TRE FRECCE" - Non fu un'esperienza fortunata la prima di Abe, il suo governo fu travolto da una serie di scandali e fu costretto alle dimissioni dopo un anno. Il secondo mandato fu altra cosa ed è durante questi 8 anni al potere tra il 2012 e il 2020, record assoluto in Giappone, che prese corpo la famosa Abenomics, una serie di misure economiche di forte impatto che avevano co me obiettivo la ripresa della crescita dopo due decenni di stagnazione se non addirittura recessione. L'Abenomics si fondava sulla cosiddetta strategia delle "tre frecce": politica monetaria audace, aumento della spesa pubblica e politica fiscale "flessibile". Ha funzionato? Il giudizio della storia è ancora sospeso tra risultati altalenanti. La politica monetaria fortemente espansiva ha indubbiamente aiutato la competitività del Paese, indebolendo lo yen, ma non ha centrato gli obiettivi sull'inflazione (ai tempi in realtà il problema era la deflazione). Ancora più altalenante il Pil, nonostante gli stimoli del governo la produzione del Paese ha risentito dell'andamento timido dei consumi legato all'età avanzata della popolazione e ai due rialzi delle tasse del 2014 e del 2019, necessari per far fronte a un debito pubblico che nel frattempo era diventato il più alto al mondo in rapporto col Pil. Ma ciò che ha frenato più di tutti il successo dell'Abenomics è stata la mancanza di riforme strutturali per un Paese che almeno da questo punto di vista assomiglia molto al nostro. La sua vera rivoluzione fu in realtà un'altra, Abe fu infatti il primo permier giapponese a rendersi conto che l'ascesa economica della Cina avrebbe messo in discussione il ruolo di Tokyo quale massima potenza asiatica e che di conseguenza era necessaria una nuova politica estera più aggressiva e una riforma costituzionale che la sostenesse.
IL PRIMATO IN ASIA Ne è seguito un avvicinamento agli Usa e una serie di leggi, tacitamente approvate anche da Washington, che consentissero alle forze di autodifesa giapponesi di combattere al fianco degli alleati all'estero. In particolare l'obiettivo di Abe era quello di arrivare alla riforma o all'eliminazione dell'articolo 9 della Costituzione, quello punitivo imposto dalle bombe atomiche nel quale Tokyo rinuncia esplicitamente alla guerra e a un vero esercito. Nonostante le sue notevoli capacità politiche Abe non ha raccolto abbastanza sostegno per indire il referendum necessario, ma ha almeno aperto una strada che alla luce dei fatti odierni appare sempre più in discesa. Dai nemici cinesi e coreani, non solo quelli del nord, Abe è stato accusato di militarismo ed estremismo politico di destra, specie quando ha visitato il controverso Santuario Yasukuni, che onora eroi, kamikaze e militari considerati criminali di guerra. Salvo poi rimanere vittima della mano di un ex militare, forse estremista di destra.
Leggi anche: Shinzo Abe, l'attentatore un ex militare: "Perché gli ha sparato", la verità sul movente