L'intervista

Edward Luttwak, "il ruolo degli attacchi alle linee ferroviarie": la profezia, cosa può cambiare questa guerra

Mirko Molteni

La guerra fra Russia e Ucraina prosegue infrangendo l'illusione di chi s' aspettava delle svolte eclatanti in occasione della parata militare di Mosca del 9 maggio, tradizionale ricorrenza della vittoria russo-sovietica del 1945. Per uscire dall'impasse di lunghi ed estenuanti combattimenti, sembra ormai improrogabile un serio tentativo di compromesso. Come, ad esempio, il piano stilato dal politologo ed economista americano Edward Luttwak, che ci ha concesso un'intervista.

 

 



Professor Luttwak, come si esce dal tunnel del conflitto russo-ucraino? È convinto che si possa negoziare con Mosca?
«Se si dovesse ragionare per sentimenti, il mio sentimento vorrebbe che il presidente russo Vladimir Putin dovrebbe essere giudicato da un tribunale internazionale per aver iniziato una guerra che si poteva benissimo evitare. Detto questo, la strategia è però qualcosa di razionale, che non ha nulla a che fare coi sentimenti. E la cosa più importante, in questo momento, è far finire questo conflitto al più presto possibile. Ma questo può accadere soltanto grazie a un compromesso fra russi e ucraini. Perciò da vari giorni ho lanciato la mia idea di un plebiscito da tenersi negli "oblast", cioè regioni, russofone di Donetsk e Lugansk».

Come si dovrebbe svolgere?
«Se le popolazioni di quei territori potranno esprimersi liberamente e scegliere di stare con la Russia, Putin potrà dire di aver raggiunto i suoi obiettivi e cessare le ostilità. Si badi bene, però, io non parlo di semplici referendum, ma di plebisciti di spessore internazionale come quelli seguiti al trattato di Versailles del 1919 e che sottostanno a tutta una serie di regole. Anzitutto va stabilito con certezza chi ha diritto, e chi no, a votare per il destino di questi oblast. E poi è necessaria la presenza di molti osservatori internazionali, neutrali, che certifichino la correttezza del voto, aiutati da migliaia di volontari e giornalisti di tutto il mondo».

 

 



Come procede nelle sedi diplomatiche la valutazione della sua idea? Ci si sta convincendo che è meglio accordarsi con Putin, piuttosto che auspicare una congiura per rovesciarlo?
«Questa mia proposta è già nota al governo americano, ma anche a quello russo. Ho ricevuto dei messaggi da Mosca che mi hanno confermato che la mia idea è stata fatta pervenire al Cremlino e allo stesso Putin, che la sta valutando. Un compromesso del genere è preferibile all'instabilità. La Russia è il paese geograficamente più grande del mondo, senza contare il suo enorme arsenale nucleare. Non si può pensare che Putin venga rovesciato da chicchessia. Potrebbe darsi che chi lo destituisce sia un sincero patriota oppure no, un cambio di regime sarebbe un'incognita».

Perché la sua proposta non contempla la Crimea?
«Non parlo della Crimea perchè non è una questione di oggi, ma risale al 2014, quando fu annessa dalla Russia dopo un referendum che non era per nulla valido, organizzato solo da Mosca senza alcuna garanzia da parte di osservatori neutrali. Sulla Crimea posso solo dire che si potrebbe ammettere, per ipotesi, che fosse sempre stata russa anche in precedenza e che quando ai tempi di Krushev venne trasferita dalla repubblica sovietica russa a quella ucraina, lo fu con una mossa che a quei tempi era stata considerata senza alcun valore. Ma per far terminare la guerra attuale bisogna che il compromesso sia su Donetsk e Lugansk, lasciamo stare la Crimea».

Se i negoziati falliranno ancora è possibile che i russi possano arrivare a distruggere le forniture di armi occidentali più velocemente di quanto esse vengano consegnate?

«Io non credo che i russi possano vincere questa guerra. Soprattutto non penso riusciranno ad arrestare il flusso delle armi occidentali per le forze armate ucraine. Gli attacchi aerei alle ferrovie, storicamente, si sono sempre dimostrati poco efficaci. Ho studiato il caso della Seconda Guerra Mondiale, quando gli angloamericani mandavano anche mille bombardieri per volta, spesso di notte, ad attaccare la rete ferroviaria tedesca. Ma era inutile, le linee ferroviarie e le stazioni, di per sé, sono poco vulnerabili agli attacchi aerei. Altro discorso è se vengono interrotte da truppe di terra, se riescono ad arrivarci. Ma io penso che i russi non ce la faranno e il flusso di armi dal confine ucraino fino alla linea del fronte continuerà come nei giorni scorsi».