L'intervista
Aldo Cazzullo, la profezia sulla Meloni: "La frase sulla Le Pen? Nel 2023, Giorgia vince le elezioni
«È presto per Macron per stappare lo champagne. Il presidente ha preso già quasi tutto l'elettorato di destra moderata. Può pescare dal 2% di voto socialista raccolto dalla Hidalgo e dal 5% di quello gollista della Pécresse. Raccoglierà pure qualche sinistrorso nostalgico tra gli otto milioni che hanno scelto Mélenchon, ma la sfida è ancora aperta».
Però la Le Pen è troppo indietro...
«Guarda che il suo 24% è diverso dal 60% di Orbán. Il leader ungherese viene da dodici anni di governo e ha di molto addomesticato i giornali nel suo Paese. In Francia la Le Pen ha contro l'intero sistema di potere e tutti gli organi di informazione, perfino Le Figaro, di proprietà di un produttore d'armi, Dassault, è contro di lei».
Cosa ha sbagliato monsieur le président?
«La campagna elettorale. Ha preferito andare a Mosca per cercare di risolvere la crisi ucraina, non riuscendovi, piuttosto che girare per i paesini, nella Francia profonda, tra le mucche e i negozianti, come invece ha fatto Marine. Ha puntato sull'immagine dell'uomo di comando forte nel momento di difficoltà globale, ma les citoyens sono più preoccupati dalle loro difficoltà personali».
La tipica spocchia francese?
«Si è preso anche una gran paura dei fischi e dei tumulti di piazza, dopo la protesta dei gilets jaunes.
Poi certo, lui è l'espressione del sistema».
Cosa insegna il primo turno delle presidenziali francesi?
«Che il sovranismo e il populismo non sono morti. Le élite si sono illuse, dopo il Covid e la guerra.
Si pensava che l'emergenza necessariamente spingesse tutta la popolazione a stringersi intorno all'establishment, visto come garanzia di competenza e stabilità. In realtà, se è vero che le emergenze portano il popolo a compattarsi intorno al potere, è altrettanto vero che questo potere, diciamo tradizionale, non riesce a dare risposte ai malesseri diffusi dei tanti che ne sono esclusi, che trovano immancabilmente sfogo nelle urne».
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Aldo Cazzullo è un veterano delle presidenziali francesi. L'inviato del Corriere della Sera dà una lettura mainstream del fenomeno Le Pen. Secondo lui, Marine all'Eliseo sarebbe un duro colpo per l'Europa, perché madame rivendica la superiorità dei singoli Stati sulla Commissione Ue, «e questo sarebbe un male, soprattutto per l'Italia, perché con un debito pubblico tra i più grandi al mondo non abbiamo la forza di affrontare la globalizzazione da soli». Ma anche per i francesi, che alla fine starebbero peggio, perché «la Le Pen è la risposta sbagliata a richieste giuste». Questo però non impedisce al giornalista di intravedere le ripercussioni in Italia di quanto quanto sta accadendo Oltralpe. «Oltre il 50% del voto è contro il sistema» spiega. «Significa che, anche se vincesse, Macron lo dovrebbe solo al fatto che il fronte degli insoddisfatti è spaccato tra destra e sinistra».
La vittoria di Macron non sarebbe dovuta, come la volta scorsa, soprattutto alla mobilitazione generale contro quel che si descrive come il male assoluto, cioè Marine?
«L'appello a fermare il pericolo Le Pen può avere effetto, ma altra cosa è disinnescarlo. Il problema non è Marine, ma non saper offrire un'alternativa convincente alle classi meno agiate. Dire che il Rassemblement National porterebbe Putin a Parigi non è sufficiente a convincere le persone, non è una risposta politica alle loro necessità.
Fa comodo dire che la Le Pen è un mostro...».
Lo è secondo te?
«Ma no. E la sua elezione sarebbe democratica».
I voti della Le Pen sono colpa della Le Pen o di Macron?
«Macron ha deluso moltissimo, soprattutto la sinistra, gli intellettuali e i giovani. La Le Pen è figlia del tradimento delle élite nei confronti del popolo. I ricchi espatriano per ragioni fiscali, gli imprenditori delocalizzano, il lavoro è sempre più duro e viene pagato sempre di meno, le persone hanno la sensazione che l'arricchimento non arrivi dal lavoro ma dalla finanza, dai soldi che creano altri soldi. Hollande si candidò dichiarando guerra alla finanza internazionale. Poi non fece nulla e non osò neppure ricandidarsi».
In Italia la situazione è diversa?
«Le situazioni economiche dei due Paesi sono simili. La Francia però ha anche la disillusione per la perdita della grandeur. I cittadini sognano ancora in grande ma si accorgono di non contare più nulla e sono frustrati. A Parigi la mancata integrazione degli immigrati pesa molto più che da noi. Il governo ha speso i soldi dei contribuenti per le banlieue, ma nei quartieri islamici le ragazze col velo aumentani. In Francia il Bataclan e l'attentato di Nizza sono ferite ancora aperte».
Tutto questo porta acqua al mulino della Le Pen...
«Sì, capisco le ragioni di chi la vota ma dico anche che è una fortuna per noi non averla. Soprattutto per la destra italiana».
Perché per la destra?
«Perché alla fine Marine perderà le presidenziali mentre l'anno prossimo la destra in Italia vincerà le elezioni».
E se la Le Pen invece vincesse, cosa accadrebbe in Italia?
«Eh, allora Salvini potrebbe essere davvero tentato di staccare la spina».
Non ne gioverebbe di più la Meloni?
«È molto interessante la laconicità della leader di Fdi sul voto francese».
La cosa principale che ha detto è che lei non si sente rappresentata dalla Le Pen...
«Lo ha detto dopo il voto, con Marine indietro. Comunque, al netto di questa considerazione, significa che la Meloni si sta preparando a governare, come dimostra anche il suo esibito atlantismo degli ultimi tempi».
Che differenza c'è tra il voto francese e quello italiano?
«Da noi le forze anti-sistema sono state cooptate nel governo, sia i grillini sia la Lega».
E l'hanno pagata cara...
«Governare uccide i populismi. Quella di Salvini è stata una scommessa, va giudicata nel tempo, ma la Lega è sempre stata un partito di governo. Quanto ai grillini, la loro è una metamorfosi in corso. Però ti dico, se non fosse scoppiata la guerra in Ucraina, Draghi sarebbe già caduto, non avrebbe retto alle pressioni».