Il presidente ucraino
Antonio Socci: "A febbraio via d'uscita, ha detto no", cosa non torna su Zelensky. Eroe o irresponsabile? "E ora, Biden..."
Davanti all'atroce spettacolo quotidiano di morti e distruzioni, tutti - a cominciare dal presidente ucraino Zelensky - dovremmo chiederci: era evitabile questa catastrofe? L'interesse supremo dell'Ucraina era quello di scongiurare in tutti i modi una guerra sul suo territorio con una superpotenza nucleare come la Russia. Il fatto che il regime di Putin sia regredito a un brutale dispotismo aggressivo doveva indurre Zelensky a considerare l'invasione come il male peggiore. Doveva far di tutto per evitarla, avendo una grande inferiorità militare.
Nel Vangelo c'è un insegnamento di grande realismo per chi governa: «quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Seno, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace» (Lc 14, 31-32).
Zelensky poteva evitare così questa tragedia al suo Paese? Forse sì. Sappiamo infatti, dal Wall Street journal, che il 19 febbraio scorso (quando già le truppe russe erano ammassate ai confini), il cancelliere tedesco Scholz ha proposto a Zelensky la possibilità di una de-escalation: la condizione era «rinunciare all'adesione alla Nato» e «dichiarare la neutralità come parte di un più ampio accordo europeo di sicurezza tra l'Occidente e la Russia». In pratica un'Ucraina neutrale come l'Austria. L'accordo proposto da Scholz «sarebbe stato siglato da Putin e Biden che insieme avrebbero garantito la sicurezza dell'Ucraina». Ebbene, Zelensky ha risposto no.
Pur avendo ai confini l'esercito russo.
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GLI ERRORI - Dopo che è iniziata l'invasione, col suo corteo di morte, il presidente ucraino ha dichiarato (il 15 marzo) che era tramontata l'adesione alla Nato e (il 27 marzo) che si poteva ragionare sulla neutralità e pure sul Donbass. Ma ormai era tardi. Probabilmente quando la trattativa vera inizierà l'Ucraina dovrà concedere molto più di quanto sarebbe bastato il 19 febbraio. E sarà un Paese devastato, con migliaia di morti. Mi pare un fallimento immane. La vittoria era scongiurare la guerra. Oltretutto Zelensky era stato eletto per cercare un accordo con la Russia. Questo volevano gli ucraini.
Per esempio, la guerriglia in Donbass da anni provocava tanti morti. Perché Zelensky non ha pacificato quella regione imitando ciò che l'Italia ha fatto con l'Alto Adige? Eppure sapeva che da lì poteva partire l'incendio.
Il presidente ucraino deve chiedersi se le sue scelte sono state buone per il suo Paese o disastrose. Secondo Jean Paul Sartre «si è sempre responsabili di quello che non si è saputo evitare». Ieri Moni Ovadia, intervistato da La Stampa, ha detto: «Zelensky non ha reso un buon servizio agli ucraini. Se hai vicino a te un colosso ringhioso, non fargli i dispetti. A meno che lui sia asservito agli Usa, cosa di cui sono convinto». OggiBiden punta sulla prosecuzione del conflitto per abbattere Putin. Come ha detto l'ex ambasciatore Usa Chas Freeman, gli Stati Uniti «hanno scelto di combattere fino all'ultimo ucraino». Non credo che gli ucraini possano gioirne. Ma anche nell'establishment Usa importanti personalità si oppongono a questa strategia di Biden che rischia di creare un asse fra Russia, Cina e India. È disastrosa anche per gli Usa. Nel frattempo il conflitto devasta l'economia degli stati europei e può diventare una guerra mondiale con il rischio dell'apocalisse atomica. Da Washington ora si illude Zelensky col miraggio di una vittoria. Ma Sun Tzu, grande stratega militare, diceva: "nell'operazione militare vittoriosa, prima ci si assicura la vittoria e poi si dà battaglia. Nell'operazione militare destinata alla sconfitta, prima si dà battaglia e poi si cerca la vittoria". Tentare l'azzardo di una vittoria pressoché impossibile rischia di far annientare l'Ucraina e di portarci tutti nel baratro. Zelensky in queste settimane ha mostrato un coraggio fisico eroico, gli va riconosciuto. Ma forse oggi deve trovare il coraggio di sottrarre se stesso alle pressioni e sottrarre il suo popolo alla guerra delle due grandi potenze.