I negoziati
Generale Vincenzo Camporini, "Italia garante della neutralità dell'Ucraina? Occhio, quali sono i rischi"
Durante l'ultimo tavolo delle trattative a Istanbul da parte ucraina si è di fatto accettato uno stato di neutralità che però venga garantita da una serie di Paesi tra i quali è stata nominata anche l'Italia. Il generale Vincenzo Camporini, in un articolo sul Corriere della Sera, sottolinea che questa richiesta è "l'ovvia conseguenza di quanto accaduto nel recente passato: nel 1994 il Paese aderì al Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) e cedette alla Russia le 1.300 testate nucleari e relativi mezzi di lancio che aveva ereditato dall'Urss". Il memorandum sottoscritto a Budapest, prosegue Camporini, "garantiva la futura integrità territoriale dell'Ucraina, con l'assicurazione che non sarebbe mai stato minacciato l'uso della forza per condizionarne le politiche. Di fronte alla palese e plateale violazione di questo accordo da parte russa, mi sembra del tutto naturale che Kiev intenda premunirsi per il futuro e chieda le garanzie che non le è consentito di ottenere aderendo a un'alleanza organica".
Ma attenzione, osserva il generale, perché è necessario "usare doverose cautele nella definizione del ruolo dei 'garanti', che deve essere formulato in modo inequivocabile e con la piena consapevolezza di ciò che ne deriverebbe, in quanto l'interpretazione più ovvia sarebbe quella di un'introduzione surrettizia dell'art. 5 del trattato Nato, con un obbligo da parte dei firmatari di un intervento militare in caso di violazione da parte di un aggressore, compresi i firmatari della garanzia".
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Insomma, si chiede il generale Camporini: "Sono pronti e disponibili i Paesi chiamati in causa dagli ucraini? Siamo pronti e disponibili noi italiani?". Certamente, conclude, "solletica il nostro orgoglio nazionale il fatto di essere chiamati a far parte di un gruppo ristretto di Paesi ritenuti capaci e credibili, ma credo che sia necessaria un'attenta riflessione, sia da parte dell'opinione pubblica che, a maggior ragione, da parte del mondo della politica, prima di assumere un impegno così rilevante, delicato e per certi versi rischioso".
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