Le accuse di stupro

Alberto Genovese, quanti soldi mette sul piatto per salvarsi: in barba agli orrori, indiscrezioni-choc dal tribunale

Federica Zaniboni

Stordite da un mix di droghe e poi stuprate, le due presunte vittime di Alberto Genovese si costituiscono parti civili nel processo a carico dell'ex imprenditore del web. È quanto emerso dall'udienza preliminare che si è tenuta ieri davanti al giudice milanese Chiara Valori, oltre alla possibilità di un risarcimento della 18enne che sarebbe stata violentata durante una festa in centro a Milano. Sì, perché un eventuale accordo economico tra la difesa della ragazza e l'imputato - il quale, col suo legale, dovrà valutare l'ipotesi - potrebbe rappresentare un'attenuante in caso di condanna. La cifra potrebbe aggirarsi intorno a diverse centinaia di migliaia di euro. La possibilità di un risarcimento, attualmente, riguarderebbe soltanto la più giovane tra le presunte vittime dell'ex imprenditore, la quale avrebbe incontrato l'uomo a ottobre 2020 nell'attico di lusso noto come "Terrazza sentimento". L'altra ragazza che Genovese è accusato di aver drogato e stuprato, una 23enne che sarebbe stata abusata nel luglio dello stesso anno a Ibiza, al momento non sembrerebbe coinvolta nell'ipotesi di un accordo economico, per il quale le trattative sarebbero state interrotte.

 

 

GLI ACCORDI
Il giudice ha concesso tempo fino al 28 gennaio per definire gli eventuali risarcimenti alle vittime, sui quali le parti si dovranno accordare al termine di un confronto in atto tra esperti. Entro la stessa data, inoltre, Alberto Genovese dovrà decidere se chiedere il rito abbreviato e un'eventuale perizia psichiatrica. Come ha fatto sapere il legale della 18enne, Luigi Liguori, al termine dell'udienza a porte chiuse di ieri, «la mia assistita non sta bene, ha subito danni importanti sia fisici che psicologici, valutati da un medico molto stimato. Abbiamo ipotizzato alcuni calcoli che tengono conto sia di danni patrimoniali, sia non patrimoniali» ha sottolineato. L'ex imprenditore, che è accusato di violenza sessuale nei confronti delle due ragazze, al momento si trova agli arresti domiciliari presso una clinica per disintossicarsi in provincia di Varese. Dopo nove mesi di carcere, lo scorso luglio era quindi passato nella struttura per la riabilitazione dalla droga, su decisione del gip che aveva accolto la richiesta della difesa. Genovese ha sempre spiegato di aver commesso le violenze sotto l'effetto di sostanze, delle quali lui stesso ha ammesso di esser stato "schiavo", senza mai percepire dissenso da parte delle ragazze. Al momento degli stupri, le vittime erano a loro volta stordite da un mix di droghe che aveva offerto loro lo stesso imprenditore. In merito al caso della 23enne, che era stata violentata a "Villa Lolita" sull'isola spagnola, è imputata anche l'ex fidanzata dell'uomo, con l'accusa di concorso per i presunti abusi.

 

 

L'INTERROGATORIO
Le modalità con cui venivano consumati gli stupri sarebbe stata confermata anche dalla cugina di Genovese, durante l'ultimo interrogatorio il mese scorso. La donna infatti avrebbe riferito agli inquirenti che durante le feste a Ibiza girava una grande quantità di droghe e che lui stesso le aveva parlato, in diverse occasioni, dei suoi rapporti con le ragazze. In alcune chat finite agli atti del processo, inoltre, sarebbero comparsi dei messaggi in cui l'imprenditore parlava della sua predilezione per le donne molto giovani, tra i 16 e i 20 anni. Ma secondo quella che sarebbe la tesi difensiva, tutte le partecipanti alle feste dell'uomo sarebbero state consapevoli di ciò che avrebbero vissuto durante quelle serate, che lui stesso definisce "droga party". Come parti civili, oltre alle vittime, si è costituita anche l'associazione Dire, a tutela delle vittime di violenza.