contraddizioni
Gigio Donnarumma a casa di Berlusconi, l'orrore della sinistra dopo questa foto
Soprattutto, signora mia, non il "body shaming". È uno degli ultimi inglesismi ripetuti a pappagallo dalle beghine del Politicamente Corretto, ché poi indica qualcosa vecchio come il mondo: l'atto di deridere qualcuno per il suo aspetto. Una scena della commedia umana che può spaziare dall'ovvietà della satira alla maleducazione dell'insulto, ma che nell'era iper-correct è stata ideologizzata al punto da renderla segnale infallibile di becerume reazionario. Almeno, così è stato quando sono state tirate in ballo l'acconciatura di una giornalista di sinistra come Giovanna Botteri, l'abbigliamento di un politica di sinistra come Teresa Bellanova, la fisicità di una scrittrice di sinistra come Michela Murgia. C'è però un caso in cui lo psicoreato del "body shaming" inizia a prevedere parecchie attenuanti, ovvero quando la vittima sia di sesso maschile.
Se poi è di sesso maschile e non di sinistra, l'irrisione diventa opera meritoria. Ma, apoteosi suprema, se il soggetto è maschio, non è di sinistra e si chiama Silvio Berlusconi, allora il bullismo collettivo può diventare la tendenza social di giornata. È quello che è accaduto ieri, a ruota del tweet con cui Gigio Donnarumma ha condiviso la sua visita a Villa Certosa, nonché una foto col Cav (84enne, ma lo ricordiamo sottovoce). Di seguito un parziale campionario delle piacevolezze scaturite, spesso da profili che ostentano il vessillo arcobaleno dei Buoni. «Silvio comincia a dimostrare i suoi 156 anni». «Si sta trasformando in Cicciobello sbrodolino». Ci sono la damnatio immaginifica («È un demone babilonese di 5000 anni») e la domanda sardonica («Ma quindi è Lele Mora-Silvio BerlusconiPlatinette o Mao?»), ma poi si precipita, di tono, nell'abisso della pochezza umana.
«Zio Silvio non lo vedo benissimo». «Mi porto avanti, Rip Silvio». A questo siamo: all'augurio anticipatorio della morte, come acme del pestaggio social inflitto a una persona per come si presenta. Eppure, mentre scriviamo s' ode un silenzio assordante. Come tutte le isterie buoniste contemporanee, anche il body shaming non sfugge alla regola di Orwell. In questo caso: alcuni body sono meno body degli altri.
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