Stato di diritto

Mario Vattani, la nomina dell'ambasciatore spacca la sinistra: "Di destra, ma bravo", la Sereni gela il Pd

Alberto Rapisarda

Lo stato di diritto in Italia vale pure se il cittadino si chiama Mario Vattani. Il quale, per meriti professionali e in nome della legge, potrà dunque diventare ambasciatore d'Italia a Singapore. Con la benedizione del governo. Parola di? Marina Sereni, viceministro degli Esteri in quota Pd. Membro dello stesso partito che ha interrogato l'esecutivo alla Camera- assieme a Sinistra italiana, con tanto di sollecitazione dell'Anpi - proprio sulla decisione del Consiglio dei Ministri che lo scorso 29 aprile ha designato l'ex console "fascio -rock" come rappresentante diplomatico nel sud-est asiatico. Risposta del viceministro ai "suoi"? Si è meritato l'incarico. Ma a questo ci arriviamo. La storia è arcinota: maggio 2011, concerto di CasaPound. Vattani in quell'occasione si esibisce per qualche minuto con dei brani dei "SottoFasciaSemplice".

 

 

 

Otto mesi dopo - quando ormai è console ad Osaka - emergono foto e clip e da qui parte la campagna scandalistica su un presunto saluto romano sul palco (da lui sempre negato) in risposta al pubblico. Risultato? Sospensione disciplinare per quattro mesi e richiamo dal Giappone. Scontata la sanzione, Vattani è poi rientrato alla Farnesina, dove - parla ancora l'esponente Pd - «ha ricoperto l'incarico di coordinatore per i rap porti tra l'Ue e i Paesi dell'Asia-Pacifico alla direzione generale per la Mondializzazione e le Questioni globali». Un servizio, attenzione, «valutato di eccellente qualità». Ma cosa ha risposto sul punto la Sereni ai dubbi del Pd in merito alla nomina? Che il governo ha dovuto firmare un atto dovuto?

Tutt' altro. Con Vattani si tratta di «uno dei funzionari diplomatici più preparati sulle tematiche dell'Estremo Oriente in ragione della sua formazione professionale ed esperienze di carriera». E quindi? «La sua nomina ad ambasciatore a Singapore si basa sulla valutazione di questi aspetti oggettivi». Capito? Certo, la vicenda del concerto è definita dalla Sereni «deprecabile». E c'è pure l'arrampicata sui «valori dell'antifascismo», per cui rinunciare «ad una rigorosa tutela ed applicazione dello stato di diritto» anche in questo caso «rappresenterebbe un tradimento di quegli stessi valori».

 

 

 

 

Ma il punto è un altro: «Vattani ha prestato un servizio oggetto di apprezzamento da parte dei suoi superiori e degli interlocutori istituzionali». Per questo motivo, nonostante le proteste di piddini, partigiani e compagni, è giunta l'indicazione per l'alto funzionario. Sfogliando il suo curriculum, il cda della Farnesina sembra avere avuto degli ottimi motivi per approvare la sua candidatura. Vattani, come ha dovuto riconoscere il vi ceministro del Pd, è uno dei talenti italiani sul versante asiatico. Vincitore di una borsa di studio Ue nel 2003, è stato in Giappone per l'"Etp", un programma dedicato all'economia e alle questioni commerciali giapponesi. Poi, per quattro anni, è stato capo dell'ufficio commerciale dell'Ambasciata di Tokio.

A lui si devono, fra l'altro, l'ingresso delle arance rosse in Giappone nonché gli oltre 300 eventi della Primavera italiana nel 2007. Una carriera internazionale la sua (parla quattro lingue, tra cui il giapponese, ed è arrivato primo al concorso diplomatico nel 1990) molto incentrata - come fanno emergere fonti della Farnesina - sul piano economico -commerciale, sulla promozione delle aziende tricolori. Un'esperienza che ha prodotto "letteratura": Mondadori pubblica i suoi i romanzi ad ambientazione nippo-araba, mentre il suo "Svelare il Giappone" è un best-seller di Giunti frai libri di viaggio. «Insomma, parliamo di un diplomatico con le idee "non conformi" - spiega a Libero un ambasciatore ora in pensione - ma con tutte le carte in regola per tutelare gli interessi dell'Italia all'estero». Altri diplomatici, infine, ci raccontano come funziona dalle loro parti: «La nomina di un ambasciatore avviene con una valutazione severa». Dai tempi di Moavero si dice ancora più rigida. «E qui la politica non c'entra: quando siamo all'estero lavoriamo sempre per l'interesse nazionale».

 

 

 

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