Il parere
Tagadà, Federico Rampini sullo stop a Johnson&Johnson: "L'aspirina è più pericolosa". Cosa c'è dietro, inquietante teoria
"Quando si parla di 6 casi su 7 milioni, credo che l’aspirina sia più pericolosa. Siamo di fronte a un’operazione di psicologia": così Federico Rampini, corrispondente di Repubblica dagli Usa, commenta la sospensione del vaccino anti-Covid Johnson&Johnson negli Stati Uniti. Lo stop, infatti, è stato disposto a causa di 6 casi sospetti di trombosi dopo la somministrazione del farmaco. Ospite di Tiziana Panella a Tagadà su La7, il giornalista ha spiegato: "La Fda deve affrontare un pubblico anche negli Stati Uniti dove esistono zone di diffidenza, recalcitranti, no vax militanti. Bisogna dare un segnale di grande rigore".
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Rampini ha fatto presente anche che "questa sospensione è stata definita dagli esperti americani come una sovrabbondanza di precauzione, necessaria per dare un segnale al pubblico". Nulla di preoccupante o allarmante, insomma. Tra l'altro lo stop a J&J non rappresenta un ostacolo nella campagna vaccinale americana. "Questo vaccino è usato poco perché è l’ultimo arrivato nella famiglia di vaccini attualmente in uso negli Stati Uniti", ha chiarito il giornalista.
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"Per dare un’idea delle quantità, in questo momento il provvedimento cautelativo della Fda che sospende il Johnson&Johnson riguarda 9 milioni di dosi, pronte nei depositi di centri di somministrazione - ha sottolineato Federico Rampini -. Gli altri due vaccini più usati, Pfizer e Moderna, hanno una produzione media settimanale di 28 milioni di dosi. Quindi, come ha spiegato l’amministrazione Biden poco fa in un comunicato, per gli Usa non è un problema drammatico dover rinunciare a Johnson&Johnson per il momento".