L'affondo
Travaglio contro Napolitano e Renzi: "Altro che Grillo, gli eversori siete voi"
Chi è l'eversore tra gli esagitati grillini e la coppia Napolitano-Renzi? Se la domanda se la pone Marco Travaglio, la risposta è scontata. Nel suo editoriale domenicale sul Fatto quotidiano, Marco Manetta ripercorre l'ultima tribolata settimana politica italiana passata tra cene dal contenuto riservato, come quella del 10 febbraio tra il presidente Giorgio Napolitano e il segretario del Pd Matteo Renzi ("Una campana a morto per il governo", scrive il vicedirettore del Fatto) e i "segnali di fumo" lanciato dal premier Enrico Letta il giorno prima che il suo partito lo sfiduciasse. Travaglio chiarisce una cosa: la mossa di Renzi per far fuori Letta è spregiudicata ma "comprensibile e legittima (anche senza passare dal voto: nemmeno Letta era stato votato dagli italiani), anche se incoerente con le sue dichiarazioni negli ultimi mesi". Il problema è nella forma, perché tutto è stato condotto "all'insaputa delle Camere". La crisi, in altre parole, non è mai diventata parlamentare, per volontà stessa del Quirinale che venerdì ha escluso il passaggio del governo uscente in Parlamento. Tutto si risolto giovedì 13 davani alla direzione del Pd, "una associazione privata". "E' la terza volta - sottolinea Travaglio -, da quando Napolitano è presidente, che un governo cade senza il voto del Parlamento, cioè dell'unico organo democratico deputato a sfiduciarlo". Sarebbe successo nel 2008, se Romano Prodi non avesse insistito per andare alla prova del voto in Aula. E' successo nel 2011, con le dimissioni di Silvio Berlusconi che ancora era sostenuto da una sia pur fragilissima maggioranza. Ed è accaduto nel 2012, quando Mario Monti salì al Quirinale dopo la "sfiducia" del Pdl. "In una Repubblica parlamentare - conclude Travaglio - anche l'altroieri il capo dello Stato avrebbe rinviato Letta alle Camere per verificare se il suo governo avesse ancora una maggioranza". Invece Napolitano non l'ha fatto. "E i presidenti delle Camere Grasso e Boldrini non hanno avuto neppure la dignità di chiederlo". Quegli stessi Boldrini e Grasso che dopo le "okkupazioni" delle "squadracce a 5 Stelle" dei sacri suoli dei Palazzi romani hanno più volte gridato al pericolo fascista e all'eversione delle istituzioni.