Rassegna stampa
Travaglio contro Pigi Ballista, Polito e Folli: "Vedove inconsolabili"
Sotto a chi tocca. Dai "parlamentari del centrosinistra che salvo rare eccezioni hanno sempre e fino all'ultimo lavorato per lui", al Nuovo centrodestra, per finire agli editorialisti "finto-indipendenti" che "siccome sotto sotto si vergognano non rinunciano all'equazione cerchiobottista 'berlusconismo uguale antiberlusconismo'" oggi nel mirino di Marco Travaglio ci sono finiti loro. L'editorialista del Fatto li definisce "vedove inconsolabili" da contrapporre a chi Berlusconi "l’ha combattuto davvero, sempre, irriducibilmente, senza mai votarlo né rinunciare a contestarlo anche in piazza. E ora sente il retrogusto amaro della vittoria mutilata". I motivi, secondo Travaglio sono essenzialmente due: "Se il futuro che ci attende sono gli Alfano, Schifani, Quagliariello, Cicchitto, Formigoni che una settimana prima della decadenza hanno morso la mano che li ha nutriti per vent’anni, tanto vale tenersi il puzzone: se non altro ha 78 anni e dura un po’ meno", sentenzia il giornalista. Secondo: "I giornali finto-indipendenti, che han tenuto bordone al Caimano per vent’anni e ora che è decaduto, senza un briciolo di autocritica, gli saltano addosso con la violenza indecente di Maramaldo, pronti a balzare sul carro dei nuovi vincitori". I vari Battista (che chiama Pigi Ballista), Folli e Polito, sentenzia Travaglio, "sono gli stessi che, per compiacere i loro editori e il santo patrono del Sistema, cioè Napolitano, due anni fa accreditarono la patacca di un B. convertito a statista che accettava bontà sua di dimettersi per sostenere il governo Monti in nome dell’interesse nazionale e della grandi riforme. Poi, quando un anno fa il noto responsabile staccò la spina a Bin Loden, si stracciarono le vesti, scoprendo di botto che era un irresponsabile. Subito si agitarono per mettere in guardia Bersani dall’allearsi con quei brutti ceffi di Di Pietro e Ingroia, e poi dal tentare approcci con quel putribondo figuro di Grillo. E quando nacque il governo Letta riattaccarono con la bufala della pacificazione nazionale e della riconversione di B. a statista per salvare la patria. Lui, vivaddio, coerente come non mai, pensava solo a salvarsi dalla galera. Infatti, quando il salvacondotto è sfumato, ha ristaccato la spina. E soli li ha lasciati, a maledire di nuovo la sua improvvisa, inaspettata irresponsabilità". Secondo il vice direttore del Fatto "avrebbero dovuto listarsi a lutto per non imbarazzare la corte di paraculi e leccaculi che han tenuto in vita Berlusconi per vent’anni, non ne hanno mai azzeccata una e ora, anziché scavarsi una buca e seppellircisi dentro, ci spiegano come uscire dal berlusconismo col nipote di Gianni Letta e con tutti gli Alfanidi. Qualcuno evoca l’eterno trasformismo e gattopardismo italiota, come dopo il fascismo. Ma il paragone non regge: nel 1946 al governo andò De Gasperi, non il nipote di Starace con Ciano vicepremier".