Firma de La repubblica
Federico Rampini si è rotto dell'antifascismo, la sua lezione alla sinistra
È un giornalista di Repubblica, una prima firma, pupillo dell'Ingegner Carlo De Benedetti, e suo biografo, quello che ha descritto meglio di tutti, profeticamente, l' attuale indirizzo di Repubblica, diretta da Carlo Verdelli. Il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari è tornato guida, con uno slogan al giorno, della sinistra tornata all'antica, alla steppa cosacca, alla mitologia del proletario dai nobili sentimenti barricadieri, contrapposti al becerume salviniano, uno da appendere ogni giorno, per ora simbolicamente, a piazzale Loreto. Perché? Ma certo: perché sì. A sinistra basta la parola: è fascista. Matteo è l'Uomo Nero con la sua onda del medesimo colore, cui si oppone la magnifica "onda rossa" anche nelle sue sfumature di porpora: un giorno è il sindaco di Riace a incarnarla incriminato perché «difende i migranti», un altro giorno è il cardinale elettricista, che infrange la legge per una ragione superiore alla legge, restituendo la luce come Jean Valjean ai miserabili. Di fronte a questi esempi di probità, si staglia Belzebù-Salvini, il nemico della democrazia contro cui dirigere ogni forza residua di bene: dal Pd di Nicola Zingaretti, ai Cinquestelle di Di Maio; dai cattolici delle parrocchie all' estrema sinistra situazionista di Action. Fila liscio? Non proprio. Si alza Federico Rampini a lanciare anatemi contro questo vecchiume purulento. Leggere per credere. «Se la sinistra vuol sopravvivere deve smetterla di infliggere ai più giovani delle lezioni di superficialità, malafede, ignoranza della storia. Si parla ormai a vanvera di fascismo, lo si descrive in agguato dietro ogni angolo di strada, studiando pochissimo quel che fu davvero Si spande la retorica di una nuova Resistenza, insultando la memoria di quella vera (o ignorandone le contraddizioni, gli errori, le tragedie)». Questa citazione è tratta da un libro uscito lo scorso marzo: "La notte della sinistra" (Mondadori, pagine 180, 16). Leggi anche: "Bastano 60 secondi per demolire i radical-chic". Rampini in tv, Salvini gode: la strana coppia ammazza il Pd Rampini aveva capito tutto sin dai primi sintomi di questo rigurgito di nostalgia da Biennio Rosso. Fantastico. NUOVO SESSANTOTTO - Non si è fermato qui. Ha scritto ancora, anticipando i fasti sessantottini redivivi in questi giorni all' assemblea dell' Università La Sapienza di Roma per celebrare l' antifascismo. Copio da repubblica.it, 13 maggio scorso: «Mimmo Lucano è arrivato a La Sapienza "scortato" da centinaia di persone. Una marea umana che sulle note di "Bella Ciao" e con il coro "Siamo tutti Mimmo Lucano" ha accompagnato l' ingresso dell' ex sindaco di Riace nell' aula 1 della facoltà di Lettere. "In Italia c' è un clima di odio e di forte divisione. Il ministro dell' Interno è uno degli autori di questo clima di odio. Noi siamo l' onda rossa che contrasta l' onda nera che sta oscurando anche i nostri orizzonti", ha detto Lucano agli studenti». Tutto previsto nel libro di Rampini: «Mi vengono ancora in mente le orribili assemblee studentesche degli anni Settanta, dove gli estremisti, decidevano chi aveva diritto di parola e chi no. "Fascisti", urlavano a chiunque non la pensasse come loro. L' élite di quel momento (giovani borghesi, figli di papà, più i loro ispiratori e cattivi maestri tra gli intellettuali di moda) era una Santa Inquisizione che sottoponeva gli altri a severi esami di purezza morale, di intransigenza sui valori». IL PROGETTO - Questo sta accadendo in Italia oggi. L' accerchiamento di Salvini prelude al tentativo di una sorta di golpe parlamentare di emergenza antifascista. Una maggioranza M5S+Pd+Leu contro la risorgente dittatura nera. Per questo prima Salvini rompe con gli pseudo-soci di un contratto cretino, e impedisce quella congiunzione con un forte successo alle europee, o in quindici giorni sarà strizzato dal concentrato di mass media, istituzioni, finanza mondiale. Bravissimo Rampini allora. Ricordo che nelle assemblee studentesche chi criticava la sinistra premetteva al suo intervento in assemblea questa frase: destra o sinistra in realtà qui non interessa. Importa mettere sassi nell' ingranaggio che sta triturando il confronto tra le diverse opinioni e idee politiche. Rampini ci aiuta tutti a tenere desta la coscienza dinanzi all' osceno ostracismo con cui si sta buttando fuori dal circuito democratico chi non si allinea al pensiero unico alla Mimmo Lucano. È una menzogna inoculata ogni dì, quella secondo cui il monopolio dei sentimenti e dei valori umani appartenga alla sinistra nelle varie tonalità di rosso. Conta un minimo di obiettività davanti a quanto sta accadendo in Italia. E ringraziare chi, diversamente pensante, però intravede e denuncia la medesima minaccia. Per me è una lezione di vita, quella di Rampini. Nessuna vergogna a dirlo. Una testimonianza di capacità critica rischiando l' anatema del proprio mondo. Era stato Libero, grazie ad Antonio Socci, a mettere in luce il 31 marzo scorso, in prima pagina, il coraggio di uno da cui - leggendone la biografia - non te l' aspetteresti. Ma alla fine è l' imprevisto quello che consente di imparare qualcosa. Di ribaltare gli equilibri dell' ovvio. Chi è Federico Rampini. Volto, voce e abbigliamento sono popolari. Ha 63 anni, è corrispondente di Repubblica da New York, dopo essere stato a San Francisco, Pechino, eccetera eccetera. Uno che graffia quando può, naturalmente con unghie curatissime, Donald Trump. Non c' è nulla che somigli di più di lui all' intellettuale radical-chic. Postura, chioma elettrica in piedi, per dimostrare che è trapassata da colpi di genio alla Einstein, smorfia di superiorità e bretelle accondiscendenti verso la plebe, erre morbida scuola Agnelli. Se uno immagina un comunista che non mangia ma al massimo deliba delicatamente, eppure con indifferenza, il caviale con il cucchiaino, solo Beluga iraniano però: vede lui. Il cosmopolita contro il nazionalista. La raffinatezza mondialista contro la rozzezza sovranista. Federico Rampini è - televisivamente parlando - il lato serio della medaglia del progressismo americano in Italia (quello frou-frou è Beppe Severgnini). Alla faccia del pregiudizio del sottoscritto, Rampini sta dimostrando un coraggio leonino, e una dote profetica non comune. La sinistra come fa ad esorcizzarlo? Criticandolo? Ma va'. Ha sigillato le tesi di Rampini in un acquario isolato acusticamente, le lascia rinchiuse nei suoi libri, nelle sue rubriche. Va benissimo l' etichetta che ha appiccicato a quest' uomo Il Fatto quotidiano per depotenziarne la carica esplosiva: «intellettuale cosmopolita di proverbiale eleganza dégagé». Qualunque cosa voglia dire, uno scappa. Rimediamo, come possiamo, noialtri, gente volgare. di Renato Farina