La lezione

Pier Ferdinando Casini, lo schiaffo ai big del Pd: come hanno umiliato Marco Minniti

Gino Coala

Dopo il 4 marzo, il Paese per fortuna ha continuato ad andare avanti, a differenza del Partito democratico e dei suoi dirigenti, intrappolati nello psicodramma della sconfitta devastante. Da giorni i piddini ammorbano il mondo tra social e quotidiani a parlarsi addosso sulla crisi della sinistra, la crisi del Pd, la crisi della crisi di Renzi... Poteva mancare nel dibattito la posizione di Pier Ferdinando Casini? In una lettera a Repubblica, l'ex presidente della Camera, ormai inascoltato nel centrodestra, ma con ancora qualche analisi lucida da regalare al centrosinistra. A partire per esempio dal trattamento riservato dai piddini all'ex ministro dell'Interno Marco Minniti, affossato nel suo momento di maggior ascesa. Casini critica Ezio Mauro, che aveva spiegato quel siluramento con le "gelosie ridicole e vendette miserabili" nel Pd. Niente di tutto questo: "Altro che gelosie o ripicche! La questione investe la ritrosia che il centrosinistra ha avuto a confrontarsi col tema sicurezza: la paura - dice Casini - che spesso si registra tra chi abita nei quartieri popolari prescinde pure dai dati effettivi, ma investe la percezione del problema che negli anni si è ingigantita. È così e a nulla serve la retorica dell'accoglienza, se non a far sentire questi cittadini più soli". L'ottusità dei dirigenti dem è stata evidente anche a Casini durante la sua ultima campagna elettorale nella sempre meno rossa Bologna. Quando parlava di immigrazione e disagio sociale: "ricordando gli ottimi risultati di Minniti e il calo degli sbarchi, ottenervo sempre lo stesso risultato: consenso convinto dei militanti e perplessità dei dirigenti".