Un commento durissimo
Renato Farina ad Asia Argento: "Ti spiego la differenza tra stupratore e sporcaccione"
Ci tocca dire una cosa antipatica. Un conto è la morale, un’altra il codice penale. Senza questa distinzione essenziale vivremmo nella tirannide dei presunti puri, in realtà dei Robespierre sanguinari, in balia di plotoni di esecuzione al servizio della morale corrente, assai volubile e manipolabile. Detto nel contesto di Harvey Weinstein Asia Argento e dintorni. Esiste il reato di stupro. Quello di maialaggine non c’è. Peraltro, non esiste neppure il reato di odio. Non c’è neanche quello di essere uomini o donne di merda, sarebbe una forma di razzismo scatologico. Per rimanere al caso nostro. So che togliere il marchio di criminalità alla smodata lussuria, propria di omoni ricchi e gaudenti, mi farà passare per un complice che banalizza la schifezza, o come minimo per un lassista, un epiteto che evocando il lassativo non appare un complimento. Alle proposte indecenti c’è lo spazio della libertà: del sì e del no. Talvolta questo esercizio di coraggio è difficile per anime cresciute nella bambagia, ma non ci posso fare niente. Per queste mie tesi, Asia Argento annuncia querela, ritenendo la mia opinione un crimine. Perfetto. Ma io insisto lo stesso. La maialaggine non è reato. È odiosa e merita riprovazione. Non è un crimine però. Quando il porco morde e divora la vittima, è un’altra storia: è stupro, molestia sessuale, sequestro di persona. È abominevole delitto. Per provarlo cerco soccorso e rifugio in Mozart-Da Ponte, e nella loro opera lirica più famosa, il «Don Giovanni». Consiglio a tutti i progressisti, che si specchiano in quelle vicende teatrali perché si sentono belli e seduttivi come l’eroe delle braghette, di smetterla con la doppiezza. Ormai infatti gli intellettuali, donne comprese, hanno sdoganato le prodezze di Rocco Siffredi e la filosofia del «culo alto ci fo un salto» che da «Amici miei» in poi è rivendicata come morale nazionale, però poi non inorridiscono per Weinstein, e non colgono che l’esasperazione del concetto tracima spesso nell’umiliazione violenta dell’altro/a. Come in Don Giovanni. Per il fuoriclasse di Siviglia, campione dei libertini d’ogni età ed epoca, la seduzione insaziabile è lo scopo della vita, e dunque supremamente morale, distrae dalla noia, attinge bellezza e piacere. È un crimine? No. Finché applica il suo motto «purché porti la gonnella voi sapete quel che fa» e usa il suo potere per portare Zerlina nel «casinetto» promettendole di sottrarla al suo destino di sposa contadina, insiste, e lei dice sì, non è un reato. Anche se la inganna, non commette reati. Scema lei che ci è cascata. Don Giovanni un minuto dopo offre «cioccolato, caffè, vini e presciutti» per adescarne altre, trionfa. Dissipa la sua vita e sciupa quella delle molte donne che ha posseduto. Certo esse hanno ceduto all’autorità del cappello piumato, ma a Mozart è più simpatico lui. Alla fine però trova Donna Anna. Lei gli resiste. Come possibile? Allora cerca di violentarla, e ammazza il padre accorso per difenderla. Crimini spaventosi, questi sì. Non si pente e sprofonda all’inferno. In quel momento. E solo allora, anche il servo Leporello, che avrebbe voluto essere come lui e ha coperto i suoi delitti, lo scarica, e va all’osteria a cercare un padron migliore. Forse non c’è bisogno, ma ritraduco: Weinstein è un porco. Un Don Giovanni senza Mozart, dunque un suino dall’anima setolosa. È ufficiale. Questo nessuno lo può negare, lo confessa anche lui che si è rifugiato in una clinica per de-maializzarsi. (Mi domando quale sia il trattamento: pozioni di bromuro? Oppure, come insegnavano ai chierichetti e praticavano in proprio certi vecchi preti, lunghe corse in bicicletta?). È un delinquente? Aspettiamo il tribunale che verifichi o meno le violenze, anche se dopo tanti anni è difficile arrivare a un giudizio. Di certo è opportuno chiarirci le idee. Nella nostra società occidentale si tutelano, anzi si dovrebbero tutelare insieme la libertà individuale e “la buona vita” del popolo, esiste, deve esistere, questa distinzione tra morale e leggi. Ovvio, le leggi hanno anch’esso un contenuto etico e pedagogico, lo sosteneva già Aristotele. La legge non stabilisce ciò che è buono e giusto. Vieta l’uso della violenza in tutte le sue forme e sfumature. Il resto appartiene alla sfera individuale o a quella delle relazioni interpersonali che attengono al gioco della libertà. In questo campo esistono sanzioni che non tocca sentenziare ai tribunali ma coincidono con la stima disistima del proprio ambiente sociale e dell’opinione pubblica. E possono decretare la morte sociale, che è persino peggio di un po’ di galera. Molto spesso questo tipi di gogna è basato sul pregiudizio. Un esempio? Il regista Roman Polanski passa per un fenomeno del cinema. Ha violentato una ragazzina in America? Licenza poetica. Tutto il mondo del cinema e dell’intellettualità ha impedito la sua estradizione dalla Svizzera. E questo non è un porco, ma uno stupratore di minorenni. In questi giorni è venuto fuori che Luchino Visconti promuoveva o bocciava attori sulla base fossero di suo gusto, nel senso che state pensando. Prostituzione lampante! Ma transeat. Sarà stato un porco, ma è una gloria italica. Al contrario, Dario Argento, il padre di Asia, sostiene che lui non ha mai accettato lo scambio, ma ci sono attrici che gli si sono offerte in cambio di una parte. Mi domando: perché non le ha denunciate? Ovvio: non hanno usato violenza. Erano delle maiale, o - secondo un sinonimo applicato sovente in modo esagerato – erano troie. E non è un reato. Né la maialaggine né la troiaggine lo sono. di Renato Farina