Truffa ai danni dello Stato
Porto fantasma a MolfettaIndagato il presidente della commissione bilancio
C'è anche il presidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama, il senatore del Pdl Antonio Azzollini, tra gli indagati nell'inchiesta sulla presunta maxifrode da 150 milioni per la costruzione del nuovo porto di Molfetta che oggi è stato sequestrato insieme a 33 milioni di finanziamenti pubblici non ancora erogati. Due persone sono finite agli arresti domiciliari: si tratta dell'ex dirigente comunale dei Lavori pubblici, Vincenzo Balducci, e il procuratore speciale della Cmc (l'azienda che si è aggiudicata i lavori del porto) e direttore del cantiere, Giorgio Calderoni. Sono indagati per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato, abuso d'ufficio, reati contro la fede pubblica, frode in pubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei trasporti e violazioni ambientali. Per gli stessi reati indagata a piede libero una cinquantina di altre persone. Porto fantasma - I provvedimenti cautelari sono stati richiesti dai pm Antonio Savasta e Giuseppe Maralfa della procura di Trani dopo oltre tre anni di indagini, partite da una segnalazione dell'autorità di vigilanza sui contratti pubblici. Secondo le indagini, a Molfetta sarebbe stata messa in piedi una maxi truffa che ha permesso di ottenere, in oltre un decennio, finanziamenti per 147 milioni destinati per il nuovo porto. Ma questi sono stati usati per mettere a posto i conti del Comune e far risultare come rispettato il patto di stabilità. I finanziamenti finora ottenuti ammontano a 82 milioni di euro e sarebbero arrivati grazie a una serie di atti illeciti e interferenze amministrative, a fronte di un'opera che doveva costarne solo 72. Eppure i lavori del porto, appaltati nel 2008, sono ancora in alto mare e difficilmente potranno essere portati a termine a causa della presenza in mare di bombe della seconda guerra mondiale la cui bonifica non è mai stata conclusa. Reati ambientali - Oltre all'utilizzo improprio di una parte dei finanziamenti, l'inchiesta della procura di Trani riguarda anche aspetti di natura ambientale. Gli accertamenti hanno stabilito che i lavori sono andati avanti nonostante non fosse stata mai completata la bonifica delle aree minate. Proprio questo ha provocato un rallentamento dei lavori e consentito all'Ati di ottenere 7,8 mln in virtu' di una transazione con il Comune per un risarcimento dovuto proprio all'impossibilita' di portare avanti i lavori. Secondo gli inquirenti, invece, l'azienda appaltatrice non avrebbe dovuto accettare la consegna dei lavori. Ma, avendoli accettati, non poteva avanzare alcuna richiesta di maggiori oneri dovuti all'allungamento dei tempi. Anche perche' la presenza di bombe nell'area era stata ampiamente accertata da indagini preliminari. L'azienda ne era a conoscenza già prima di accettare la consegna dei lavori. Inoltre, diversamente da quanto attestato dai progettisti, l'area di espansione del porto ricadeva nella perimetrazione del sito di interesse comunitario "Posidonio San Vito", tutelato per la presenza della Posidonia. I materiali di risulta del dragaggio, poi, non sono mai stati smaltiti in maniera regolare ma riversati in una colmata. In questa finivano anche ordigni e proiettili.