L'intervista
Carfagna: "Violata la costituzione, non si elimina un leader politico per via giudiziaria"
«Con questa sentenza si è introdotto nel nostro ordinamento un principio nuovo, inaccettabile, che non dovrebbe avere cittadinanza in una democrazia». Mara Carfagna, ex ministro e portavoce dei deputati Pdl, quasi stenta a crederci. Ha partecipato, come altri dirigenti del partito, al “gabinetto di guerra” di Palazzo Grazioli. A cosa si riferisce, scusi? «Al fatto che un leader politico può essere eliminato per via giudiziaria, fatto fuori con strumenti legali, ma in contrasto con i principi della nostra Costituzione». La Costituzione, però, prevede l’esistenza di un potere giudiziario, con una sua amministrazione... «Prevede la coesistenza di un sistema di poteri che si bilanciano l’un l’altro, non che si pestino i piedi. Infatti i padri costituenti, che io rispetto e che i giustizialisti di oggi considerano loro modelli, avevano previsto l’immunità parlamentare. Che non c’è più». Però è andata così, Berlusconi è responsabile di una «colossale evasione», no? «Colossale? Eppoi non è evasione. Per la verità questa condanna, gravissima per quello che rappresenta, è poca roba. Non dimentichiamoci che Berlusconi è l’uomo più indagato d’Italia, è stato oggetto di una caccia all’uomo senza precedenti, condotta con dispendio di energie abnorme e ingiustificato. Per incastrare lui liberavano stupratori incalliti, delinquenti abituali...». Il presidente del Pdl è ufficialmente un «pregiudicato», finirà ai domiciliari. «Io rispetto le sentenze. I magistrati hanno deciso così, diversamente da quanto sarebbe stato giusto. Posso fare, però, osservazioni politiche». Guglielmo Epifani ha detto che il Pd «valuterà» il da farsi, qualcuno sfrutterà la botta al Pdl per far cadere il governo. O staccherete voi la spina, come chiedono i falchi del suo partito? «I piani sono sempre stati distinti e lo resteranno. Le vicissitudini giudiziarie di Silvio Berlusconi, cui tutti oggi ci stringiamo con affetto e riconoscenza, non saranno un problema per il governo. Il governo esiste per affrontare e risolvere i problemi degli italiani, per quello deve continuare a lavorare. Gli italiani non mangiano e trovano lavoro certamente con le sentenze…». Però sono inevitabili le fibrillazioni all’interno di un esecutivo fatto così, no? «Non le causerà il Pdl. Enrico Letta saprà certamente gestirle. Del resto è indubitabile che questa operazione giudiziaria era finalizzata a colpire anche lui». Angelino Alfano resisterà? Niente dimissioni di massa di ministri e sottosegretari? «Macché. Alfano è il nostro vicepremier, oltre che ministro degli Interni. Ed era lì, con il Cavaliere, a seguire la sentenza in tv. È fortemente amareggiato, ma proseguirà a lavorare». Molti nel suo partito pensano che si debba scendere in piazza, protestare al Colle, insomma fare casino. Niente piazzate? «È giusto manifestare il nostro disappunto. La sentenza di oggi voleva essere un colpo mortale non ad un uomo solo, ma a un simbolo, il leader politico più influente e longevo che l’Italia abbia mai avuto. È un siluro lanciato ad un pezzo importante del nostro Paese, una provocazione. Ma questa rabbia, che oggi abbiamo tutti, non deve tracimare, non bisogna perdere di vista il core business di un partito: il bene degli italiani». La sentenza, dice, voleva essere un colpo mortale a Berlusconi. Non lo sarà? «Certo che no. La leadership non si cancella con una sentenza, nemmeno con una operazione di diffamazione continuata e violenta come quella di cui è stato vittima il presidente. Lo hanno già dimostrato le scorse elezioni Politiche, del resto. Anzi, gli italiani capiscono e il consenso, persecuzione dopo persecuzione, aumenta». E che succede, ora, senza Silvio? «Andiamo avanti, come ci invita a fare lui. Non lascerà di certo ora: non se n’è andato prima, a godersi i soldi guadagnati in decenni di lavoro come qualcuno gli consigliava di fare, non lo farà oggi. Noi tutti proseguiremo nel nostro lavoro, col suo programma e facendo tesoro dei suoi preziosi consigli: contrariamente a quanto si dice, nessuno ha creato una classe di giovani dirigenti politici come ha saputo fare lui negli anni. Poi tornerà e vinceremo».