Professor rosicone
Amato: "I politici? Ignoranti che leggono solo twitter"
di Ignazio Stagno Giuliano Amato si è scottato per bene. In un paio di settimane è stato trombato per ben tre volte. Prima nella corsa a palazzo Chigi, poi in quella verso il Colle e ora non lo tengono in considerazione nemmeno per una poltrona nelle commissioni parlamentari. Davvero troppo per un dinosauro della politica come lui. Così il Dottor Sottile capisce che è arrivato il momento, fatale, della vendetta. Si spara ad alzo zero e la vittima è il Pd e il suo governo guidato da Enrico Letta. "Sono giorni di grande amarezza per me e credo non solo per me. Ho visto il mio curriculum, lo specchio di una vita in cui io ho manifestato capacità, competenze e nulla altro, addotto a esempio di ciò che dobbiamo distruggere. E l’amarezza è anche stata nel constatare quanto questo vento pesante abbia impaurito, in nome del consenso, anche coloro che avrebbero dovuto reagire e dire: 'Ciò è inammissibile'. Politici ignoranti - Poi Amato attacca al cuore la classe politica che lo ha bidonato: "Purtroppo su questo pesa anche l’attuale condizione di un ceto politico le cui letture non vanno molto oltre Twitter, e se su Twitter legge 50 commenti negativi su di lei ne desume che il popolo la vede male". Si sa Letta usa spesso twitter e le parole di Amato arrivano il giorno dopo il cinguettio del premier che annunciava il ritiro spirituale per la squadra di governo. Non guadagno tanto - Amato è un fiume in piena. E nell'interbista rilasciata al Corriere vuole pure fare chiarezza su ciò che gli è costato la poltrona di premier e di presidente della repubblica: la sua faronica pensione e quel prelevo forzoso dai conti corrente che furono depredati nel 1992 quando lui era presidente del Consiglio. Sul suo vitalizio afferma: "E' un falso clamoroso. È una cifra lorda comprensiva del vitalizio, che verso in beneficenza. Sono forse l’unico ex parlamentare che non lo incassa". La (improbabile) giustificazione - Poi prende il libro di storia in mano e racconta di quando mise le mani nei conti degli italiani: "Sembra che io una bella notte, per provare il gusto del potere, lo volli esercitare sottraendo agli italiani una parte dei loro risparmi. Io mi trovai nella necessità di raccogliere in 48 ore 30 mila miliardi di lire. Il governatore Ciampi mi avvertì che era essenziale, perché i titoli pubblici continuassero a essere comprati, ridurre la falla emorragica che c’era nei nostri conti. Passai un’intera notte a cercare alternative, e tutto l’apparato dei ministeri non riusciva ad andare oltre la proposta di aumentare l’Irpef, naturalmente ai ceti meno abbienti, oppure l’Iva sui prodotti popolari. Ricordo che dissi: “Queste cose le potete chiedere alla Thatcher, non a me”. Tutta colpa di Goria - Fu a quel punto che Goria, allora ministro delle Finanze, mi fece quella proposta. Risposi: “Gianni, lavoraci e dimmi domattina cosa ne pensa Ciampi”. Il mattino dopo ci fu un equivoco: capii che Goria con la testa mi dicesse di sì quando chiesi se Ciampi era d’accordo; in realtà Ciampi non l’aveva neanche sentito, e la misura passò. In ogni caso continuo a pensare che aveva un elemento molto sgradevole ma fu socialmente più giusta che non aumentare l’Irpef o l’Iva. E io non avevo alternative". Insomma tutta colpa di un gesto di Goria se i conti furono depredati. La giustificazione di Amato fa sorridere, ma dopo 21 anni si può anche seppellire tutto con una risata. Ma non i quattrini che mancano in tasca a chi lavora e non guadagna 31mila euro al mese.