Penne rosse
Gramellini, Serra, Calabresi in coro: Pd fifone, egoista, caotico. Ecco perché è sparito
Il Pd è morto, sotterrato dalla fifa, dal caos, dalle beghe interne, dalla mediocrità di un leader e di una classe dirigente che non ha saputo essere all'altezza della situazione e del compito. Se ne rendono benissimo conto le "penne" da sempre vicine ai democratici, Michele Serra su Repubblica, Massimo Gramellini e Mauro Calabresi sulla Stampa. Tutti e tre, seppure in modo diverso, dicono la stessa cosa: il Pd non esiste più. E "non è un giorno di festa", scrive Gramellini. Perché "bello o brutto che fosse, ed era diventato particolarmente brutto, il Pd rappresentava l'ultimo partito" capace di fare congressi, eleggere un segretario. "Magari senza carisma e con uno staff mediocre. Ma pur sempre una leadership provvisoria e rovesciabile". Anche troppo. Perché poi alla fine, ragiona Gramellini, il partito democratico è morto proprio "per le troppe contese". Si è dissolto non per mancanza di dialogo ma "per babelica sovrapposizione di voci". Nel caos. Sulla stessa linea, Calabresi che attacca: "C'era una volta..." il Pd. "Ora c'è un partito senza direzione, senza guida e diviso in correnti che si fanno una guerra spietata arrivando a usare le schede per l'elezione del presidente come uno stratagemma per contarsi e controllarsi". Il Pd "ha bruciato" nell'arco di 24 ore due linee politiche: "Il padre ispiratore e il segretario, lo ha fatto perché ha smarrito ogni solidarietà interna e persino l'istinto di sopravvivenza, cancellato dalle paure, dagli egoismi e dalla mancanza di visione". Meglio che il Pd "si taccia", scrive amaro Serra. Tanto, "qualunque nome faccia", fosse "Washington o Batman", "finisce impallinato pochi istanti dopo. Quindi, lapidario: il partito democratico ora "accetti serenamente un dato di fatto. Nessuno gli chiede più niente, nessuno pretende alcunché da lui, se non che si faccia da canto e lasci lavorare gli altri".