Solidarietà togata

Ingroia ingrato: Grasso lo salvò dalla macchina del fango, ma lui lo attacca sempre

Sebastiano Solano

La decennale faida giudiziaria tra grassiani e caselliani alla Procura di Palermo si è spostata, nell'ultima tornata elettorale, sul terreno della politica. Da una parte Pietro Grasso, candidatosi nelle file del Pd di Pierluigi Bersani, dall'altra Antonio Ingroia, caselliano di ferro, che ha addirittura fondato un proprio partito, Rivoluzione Civile, di cui pochi italiani si sono accorti. Lo scontro, rimasto sottotraccia negli anni a Palermo, è divampato, con ampio risalto mediatico, nella corsa al Parlamento, con Marco Travaglio, molto amico di Ingroia, che dal canto suo ha contribuito ad esasperare la tensione con i suoi forsennati attacchi all'ex-Procuratore Nazionale Antimafia.  Talpe in procura - Eppure, spiega Gianmarco Chiocci su Il Giornale di oggi, lunedì 15 aprile, Ingroia non avrebbe tanto da fare lo schizzinoso con Grasso. Anzi. Dovrebbe quanto meno rendergli grazie per una vicenda tra le più inquietanti che Palermo ricordi: quella dei corvi in Procura. Come si ricorderà, dopo alcune indagini si scoprì che alcuni funzionari dello Stato facevano il doppio gioco, passando informazioni alla mafia. Uno di questi era un fedelissimo di Ingroia, ossia il maresciallo Giuseppe Ciuro.  Ingroia e il maresciallo infedele - Chiamato a deporre al processo civile intentato da Ingroia contro Totò Cuffaro, Pietro Grasso racconta: "Si iniziò un'indagine su Michele Aiello a seguito di alcune dichiarazioni del pentito Nino Giuffrè. In alcune telefonate risultarono contatti tra il maresciallo Ciuro, allora segretario del dott. Ingroia. Io chiamai Ingoria e gli riferì dell'indagine e i particolare dei rapporti del Ciuro con lo stesso Aiello". Comportamento impeccabile, tant'è che lo stesso Ingroia chiede a Grasso come regolarsi. Contiua Grasso: "Ingroia mi chiese consiglio e mi rilevò che alcuni operai di un'impresa edile di Aiello stavano stavano facendo dei lavori presso una villa dei genitoridell'Ingroia, penso a Calatafimi.  Differenze di stile - Ovviamente, niente di penalmente rilevante. Fu Grasso a spiegare ad Ingroia che era meglio continuare a mantenere i rapporti con Ciuro, in modo da non compromettere le indagini. A dare una lettura strumetale a episodi del genere, e Ingroia e Travaglio lo sanno benissimo, basta davvero poco. Ma questo non è lo stile di Grasso e lo rivendica. Rievocando la vicenda oggi Grasso spiega: "Volevamo continuare le indagini e al contempo era importante che Ingoria sapesse, agaranzia della circolazione delle informazioni dell'ufficio. Non ho trasmesso gli atti perché non vi erano indizi che Ingroia fosse nella rete di Aiello". Chissà i dietrologi de Il Fatto cosa avrebbero raccontato a parti invertite. La chiusura di Grasso è una lezione di stile ad Ingroia: "Mai avuto alcun dubbio, vedo sempre le cose nel bene e credo nella buona fede delle persone". Chapeau.