La lettera

"L'orgoglio e la vergogna"Meloni e il rapporto col Pdl

Nicoletta Orlandi Posti

  di Giorgia Meloni Caro Direttore, desidero ringraziare Filippo Facci per avermi dedicato il suo fondo di ieri, con il quale ha preso le difese della mia imprudenza, ma anche Mattias Mainiero per avermi criticato nel suo pezzo del giorno precedente dal titolo: «Cresci, Giorgia, cresci». Perchè attraverso la replica che Libero gentilmente mi concede posso spiegare meglio le ragioni in virtù delle quali ho confessato di essermi talvolta vergognata dei miei compagni di viaggio all’interno del Pdl. Sorvolando mestamente sulle ripetute metafore vegetali associate al mio cognome, quelle sì un po’ infantili, devo precisare di aver militato con orgoglio nel Popolo della Libertà. Eppure ciò non mi ha mai impedito di invocare, ahimè invano, l’introduzione di regole anti-ladroni nell’ordinamento del Pdl. Nè mi ha mai impedito di denunciare la chiusura del Pdl rispetto al rinnovamento della classe dirigente o alla promozione del merito quale criterio principale per la scelta dei propri rappresentanti istituzionali in Parlamento e sul territorio. Ad un certo punto mi sono persino illusa di poter partecipare alle elezioni primarie, una competizione aperta e sincera in cui mettere a confronto idee e persone per dare nuova linfa e contenuti al Pdl. Niente da fare. Non credo esistano due sentimenti più contrastanti dell’orgoglio e della vergogna. Eppure mi è capitato di provarli entrambi, nel Pdl. Conservo gelosamente nel cuore il ricordo di una grande assemblea di iscritti e militanti, quella in cui veniva fondato il partito del centrodestra italiano. Identità nazionale, libertà economica, riformismo civile e solidarietà sociale. La sintesi di idee diverse ma contigue, in un luogo della politica destinato a sopravvivere ai singoli protagonisti del momento, perché di tutti e per molto tempo, se non per sempre. Qualcosa di nuovo per l’Italia, qualcosa di normale per l’occidente e per l’Europa Popolare. Quell’orgoglio enorme di partecipare alla costruzione del futuro, l’ho provato altre volte da allora. Ogni volta che un governo nel quale avevo un ruolo secondario ma significativo faceva tremare i baroni universitari, i sindacati più retrivi, le cancellerie straniere più arroganti con iniziative e riforme forse imperfette, ma evidentemente giuste, almeno a giudicare dalle reazioni scomposte. E confesso di provare lo stesso orgoglio di fronte a una campagna elettorale il cui risultato si voleva scontato e invece non lo è affatto, grazie soprattutto a come Silvio Berlusconi dimostra di sapersi battere ancora.  Ma c’è stata l’altra faccia della medaglia. Ho contestato molte volte l’assenza di sviluppo del Pdl come forza politica moderna, radicata sul territorio intorno a un progetto di idee e valori piuttosto che al consenso di un leader. Da questo errore drammatico discendono le Minetti e i Fiorito, i Dell’Utri e i Cosentino, la deriva oligarchica del partito, ma anche la nascita del governo Monti, la caduta del governo Monti e addirittura la richiesta a Monti di guidare il centrodestra. Per non parlare della barzelletta delle primarie annunciate, convocate, fatte firmare a centinaia di migliaia di persone eppoi sconvocate via sms.  Di tutto questo sì, mi è capitato di vergognarmi. E mi sorprende che non se ne vergognino le amazzoni o i colonnelli del Pdl che in queste ore mi insultano, peraltro coinvolgendo Atreju, l’unica manifestazione popolare del centrodestra che da 14 anni fa sentire centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze di ogni angolo d’Italia, tutti parte di una stessa grande avventura civile. Mi sorprende a maggior ragione se alcuni di quelli che in pubblico si scandalizzano per le mie dichiarazioni in privato dicono ben altro.  Considero invece la schiettezza la migliore forma di lealtà. E la coerenza la migliore espressione del coraggio. Così, quando ho perso troppe battaglie nel PdL ho scelto, con un gigante non solo fisico e tanti altri amici che provavano i miei stessi sentimenti, di dar vita a un nuovo movimento dentro la coalizione di centrodestra, ma diverso dal Pdl. Mettendo a rischio la nostra poltrona da parlamentari certo, ma chissenefrega. Nella più remota delle ipotesi, resteremo fuori da Montecitorio, ma ben dentro il sogno di cambiare l’Italia che avevamo quando cominciammo a fare politica. Nella migliore, restituiremo una casa a tanti che pensavano di non averla più. In ogni caso potremo dire di essere persone libere. Perchè come scrive Thibon «l’uomo non è libero se non dipende da niente e da nessuno, è libero se dipende da ciò che ama».